“Cara Unione,

tiene banco ormai da tempo sulle maggiori testate la situazione nella quale versa la nostra Sanità, non solo regionale. È di questi giorni la notizia dei bandi per l'assegnazione delle sedi di guardia turistica andati sostanzialmente deserti, e dell'iniziativa di interrompere alcune prestazioni in regime di intramoenia fino al ripristino dell'equilibrio con le prestazioni erogate in regime convenzionato.

Sono notizie fra loro non correlate, ma che contribuiscono ad alimentare il rumore di fondo dei malumori della popolazione (sacrosanti almeno in premessa), che nel mondo iperconnesso di oggi si esprimono anche e soprattutto via social. E allora non è raro leggere, in mezzo a considerazioni giustamente amareggiate, ragionamenti argomentati e proposte non prive di senso, moltissimi commenti che si possono giustificare solo con la scarsa comprensione del contesto nel quale oggi ci troviamo.

La situazione di oggi è un classico caso di "combinato disposto" di errori di programmazione, mancanza di visione prospettica, sottovalutazioni e, ultima ma non ultima, della gestione economicista della Sanità che ha il suo punto più alto (o basso) negli ultimi dieci anni di spending review, con il blocco dei contratti e lo svilimento complessivo della professione, bersagliata da tagli orizzontali sul piano del finanziamento e dalla velenosa onta della malasanità, quella vera (poca e quasi mai davvero colpita) e quella presunta (in quota preponderante). 

Sempre più responsabilità gravano su sempre meno schiene, sempre più screditate agli occhi dei pazienti e mal pagate. Non dovrebbe stupire la scarsa attrattività che alcune specializzazioni esercitano sulle nuove leve.

La gobba pensionistica attuale non è figlia del caso, ma nasce dal pensionamento dei medici entrati nel mondo del lavoro ante-tabella XVIII, ovvero l'ordinamento del ciclo di studi universitario coinciso con l'adozione del numero chiuso. Un dato talmente ovvio che era annunciato da tempo, senza che sia stato fatto granché: andando progressivamente in pensione i medici che erano entrati in servizio prima del 1986, si è gradualmente ma inesorabilmente assottigliata la schiera (pletorica) di quelli che contribuivano a tenere in piedi l'edificio, perché dopo il 1986 l'imbuto del corso di studi ha prodotto annualmente un numero di medici che attualmente non risponde più al fabbisogno. Aggiungiamo una disattenta programmazione del numero di borse di specializzazione, i ritardi nei bandi di assegnazione delle sedi di continuità territoriale che ha costretto molti a trovare posto altrove per non attendere una collocazione lavorativa all'infinito, con la conseguenza che adesso mancano i candidati, il blocco dei concorsi in epoca di spending review. Aggiungiamo anche la disattenzione rispetto all'esigenza di un sistema di cure di prossimità dei pazienti a bassa intensità, i ritardi nel costruire un network funzionante intra e interaziendale per la presa in carico dei pazienti cronici (oncologici ma non solo).

In definitiva, un navigare a vista senza una visione, che ha portato a far andare il motore della medicina d'emergenza-urgenza degli ospedali fuori giri, perché in assenza di risposte adeguate il cittadino si rivolge - alla disperata e spesso impropriamente - al servizio di Pronto Soccorso. 

Infine, ciliegina sulla torta, il Covid. La tempesta perfetta. Che butta giù con una spallata un edificio pericolante.

Oggi la rabbia dei cittadini fatica a trovare un bersaglio, e come spesso capita, lo trova nel primo che capita. Solitamente un infermiere che fa triage in PS, o l'operatore del CUP, l'equipe del 118, il medico di guardia...

Cara Unione, contribuisci anche tu ad andare oltre la superficie. Interpreta il tuo ruolo scavando nelle cause. Chiarisci alla gente che quelle persone che si vedono insultate sui social sono le meno pagate d'Europa. Che subiscono le decisioni ma hanno poca o nessuna voce in capitolo. Dato che ci sei, spiega anche che è normale che si trovi subito posto in intramoenia: se due ristoranti che servono la stessa cena presentano un conto di 46 euro il primo, e di centinaia di euro il secondo, in quale dei due ci sarà da attendere di più per sedersi? L'intramoenia non nasce per ridurre le liste di attesa, questa semmai è una conseguenza. L'intramoenia garantisce al paziente la possibilità di scegliere da quale medico farsi seguire, in esclusiva. E questo, se mi è consentito dirlo, non potete pretenderlo dallo Stato, che ha il solo, unico e sacrosanto dovere di garantire la cura, ma non può dare a ciascuno il medico personale, gratis”.

M. M. - Cagliari

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