«Cara Unione,

Sento il dovere morale nei riguardi di mia moglie e il senso civico di dover segnalare un’ingiustizia che un malato terminale oncologico non dovrebbe mai subire.

La riconoscenza che devo a mia moglie per l’amore riposto nei miei confronti e della famiglia mi induce a segnalare le difficoltà incontrate nel decorso della malattia e che ovviamente incontrano tutti i pazienti con gravi disabilità.

Tralasciando l’aspetto prettamente terapeutico, a cui riserverò in separata sede un altro pensiero, vorrei soffermarmi sulle difficoltà che un paziente oncologico deve affrontare relativamente all’aspetto prettamente legato alle barriere architettoniche e mentali che continuano a permanere in chi purtroppo amministra il bene comune.

Il decorso della grave e spietata malattia è durato quasi tre anni, con i problemi che sono noti solamente a chi ha avuto la sfortuna di avere un familiare malato oncologico. Nel periodo terminale, oltre alle molteplici criticità legate al coinvolgimento di diversi organi, subentrano anche problemi di deambulazione. Ecco che allora bisogna rivolgersi, per poter alleviare tali difficoltà, agli Enti preposti per poter avere quel minimo di prerogative, che ti consentirebbero di alleviare e rendere meno faticosi e invalicabili i limiti che la malattia purtroppo impone.

A questo punto cominci ad interfacciarti con gli Enti preposti e iniziano le difficoltà. Per avere diritto ad un pass non è sufficiente avere una diagnosi nefasta certificata dai medici oncologici che seguono e curano la paziente, ma la stessa deve essere valutata da un altro medico che magari potrebbe non averne neanche le competenze.

Il povero malato oncologico che affronta la quotidianità con mille difficoltà (solo Dio sa quante!) deve, grazie alla burocrazia italiana, sottoporsi ad una visita per accertare l’effettiva ridotta e/o incapacità alla deambulazione e viene ulteriormente ridicolizzato e mortificato nella sua persona, deve fare anche la fila, magari con la nausea perché ha appena terminato un ciclo di chemio e deve dimostrare però, per avere un ridicolo pass, che non ce la fa a camminare autonomamente ma sorretta dal consorte o con specifici ausili, come se non fosse sufficiente esibire una diagnosi nefasta, certificata da medici dipendenti da analoghe strutture pubbliche, che evidenziano uno stadio di malattia talmente avanzata che ne conclama la fase terminale.

Superata questa fase, superflua e per giunta anche a pagamento (il servizio sanitario dovrebbe essere gratuito), viene accertata ovviamente la ridotta incapacità di deambulare e quindi bisogna presentare la certificazione all’ufficio comunale preposto, che prende in carico la pratica solo con l’invio online, iter ereditato con il post Covid e per giunta di non facile fruizione, in quanto non tutti possono avere dimestichezza con i sistemi informatici.

Superiamo anche questo ostacolo. Dopo un iter durato circa 5 mesi, nel momento in cui ci viene rilasciato il fatidico Pass, chiediamo la possibilità di avere un parcheggio riservato ai disabili anche in prossimità del nostro domicilio e residenza anagrafica, altrimenti sarebbe vanificato il motivo per il quale lo stesso viene rilasciato e mi indirizzano direttamente al Capo Servizio che gestisce tale articolazione.

Evidenzio al responsabile che il tratto di strada interessato, ovvero sia la via Donizetti alta che va dalla via Pergolesi alla via Boito, è sprovvisto di parcheggi da destinare ai disabili, gli unici parcheggi dedicati a loro sono nella via Pergolesi che generalmente sono occupati ovviamente da altri titolari di pass residenti in quella via. Quelli residenti nella via Donizetti interessata sono considerati purtroppo figli di un Dio minore.

La responsabile si interfaccia con un altro ufficio e successivamente mi comunica che per quel tratto di strada, prima di poter concedere l’autorizzazione alla delimitazione del parcheggio per disabili, dovrebbe chiedere il parere al direttore dei lavori del cantiere aperto per edificare gli alloggi popolari nell’ex scuola situata all’angolo tra la via Donizetti e la Boito, lasciandomi perplesso. Mi chiedo: “Come?!”. 

Mi sembra assurdo! Nella disperazione più totale – nel frattempo le condizioni di salute di mia moglie si aggravano – nell’urgenza di poterle alleviare almeno le sofferenze e l’umiliazione dovute al perdurare del mancato riconoscimento di un diritto (era abbastanza caparbia e reclamava il suo sacrosanto diritto, spronandomi in tal senso), mi rivolgo al Primo cittadino utilizzando il metodo più immediato e pratico dei social, per informarlo sull’ingiustizia che stava subendo e puntualmente mi risponde, promettendomi un suo personale interessamento, rivelatosi decisamente vano.

Mia moglie il 16 novembre è venuta a mancare e il parcheggio per disabili in quel tratto della via Donizetti non è stato mai realizzato! Il Direttore dei lavori evidentemente non lo ha consentito! Dov’è l’attenzione che un amministratore dovrebbe avere affinché vengano tutelati i diritti dei più deboli?

Leggo che ha esaltato la realizzazione del nuovo impianto di illuminazione nel quartiere della Marina… peccato però che abbia spento la luce alle aspettative di una povera disabile, morta senza avere avuto la possibilità di vedersi riconoscere un diritto!».

Lettera firmata* – Cagliari

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