"Cara Unione,

a distanza di nove anni dalla conclusione del mio lavoro di 41 anni di docenza nella scuola primaria, così bello, appassionante, utile e importante per la crescita sempre più ricca e formativa di ogni generazione, ritengo che un docente, con la sua anima di educatore, non vada veramente mai in pensione.

Per questo, le difficoltà che sta attraversando la scuola, con i suoi dirigenti, i docenti, gli alunni e le famiglie, a causa della crisi creata dal coronavirus, mi spingono a dare un contributo di riflessione e di collaborazione.

Come si sa la scuola sta cercando, con le attività educative a distanza, di non spezzare i fili, così pesantemente danneggiati, con la sua utenza.

E, come si sa, stanno emergendo, come anche nel settore della sanità, tutte le difficoltà di un sistema educativo che, nel corso dei decenni, è stato deprivato e messo in crisi da tutte quelle politiche, finanziarie, organizzative e formative, che hanno sempre più ridotto le risorse di questa nostra Istituzione della formazione, delle persone e del cittadino.

Nel 2017 la spesa italiana per la pubblica istruzione ammontava a 66 miliardi di euro (25,1 per l’istruzione primaria, 30,4 per quella secondaria, 5,5 per quella dell’Università).

Valutando la spesa pubblica per l’istruzione, sia rispetto al PIL (Prodotto Interno Lordo), sia rispetto alla spesa pubblica totale, il Paese Italia si colloca agli ultimi posti delle classifiche europee, e il divario con le medie degli altri Paesi dell’UE si sta sempre più allargando.

La spesa pubblica italiana per l’Istruzione, in percentuale al PIL, è pari al 3,8%, ben al di sotto della media europea (4,6%).

L’Italia si colloca, quindi, nelle ultime posizioni in Europa, seguita solamente da Bulgaria, Irlanda e Romania.

Se invece si considera la spesa pubblica per l'Istruzione, in percentuale di spesa pubblica totale, l'Italia è all'ultimo posto in Europa, con solo il 7,9%, a fronte di una media europea del 10,2%.

Dal 2007, la spesa per Istruzione è scesa di quasi il 2%. Nello stesso tempo. La media UE è calata solo leggermente, passando dal 10,6% al 10,2%, e, quindi, l'Italia oggi è più distante dalla media UE di quanto non lo fosse prima della crisi economico-finanziaria.

Possiamo dire, quindi, secondo i numeri della “Relazione di monitoraggio del settore dell’Istruzione e della formazione 2018 Italia”, elaborato dalla Commisione Europea, che l'Italia spende meno degli altri Paesi UE, e ottiene risultati peggiori: il problema della dispersione dcolastica (l’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione) è quindi una chiara ed evidente conseguenza di questa situazione, con un tasso del 14,5%, rispetto alla media UE del 10,7%, così che il nostro amato Paese continua ad avere la maglia nera di NEET, cioè di giovani che non studiano e non lavorano (nel 2017 erano al 25,7%, di fronte ad una media europea del 14,3%).

Ecco perché la nostra scuola, i docenti, gli alunni e le famiglie, incontrano così tante difficoltà ad utilizzare le nuove tecnologie per l’istruzione e la formazione, con reti e linee ADSL tante volte insufficienti, apparecchiature obsolete o inesistenti.

La nostra speranza è, quindi, quella che il Governo in carica, e quelli che seguiranno, avviino una svolta, prima di tutto culturale, e quindi finanziaria, come già si sta verificando nel settore della Sanità, con la spinta e sollecitazione dell’attuale ministro della Salute Roberto Speranza, che ha già cominciato a richiedere ed ottenere maggiori finanziamenti, necessari a far fronte all’emergenza del coronavirus.

Che non potranno essere dell’ordine delle unità, ma di molte decine di miliardi di euro.

Se la lezione che stiamo ricevendo sarà veramente servita".

Gianni Tola - Pattada

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