Pubblichiamo oggi la lettera di un giovane liceale cagliaritano che con passione e convinzione incita i coetanei a non considerare la propria sardità una "diminutio", ma anzi a comprenderla e preservarla.

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"Cara Unione,

è un vero piacere esprimere, nelle righe del tuo quotidiano, la mia opinione pregnante, da quindicenne sardo, circa la Sardegna e le opportunità che conferisce (meglio il condizionale, che dovrebbe conferire) a noi giovani.

Partiamo subito da una constatazione: da molti ragazzi, la sardità è veduta come un fastidioso deterrente. Il motivo di ciò è presto detto, la nostra è una terra non solo geologicamente, ma anche socialmente, anziana; infatti, giusto per citare un esempio, per quanto una persona possa espletare la propria formazione accademica e/o professionale da noi, e sia di buona lena, trovare lavoro qui continua a essere una vera e propria odissea: i posti mancano. E la creazione di nuclei famigliari è correlata alla carriera lavorativa: chi non ha di che sfamarsi, come può tracollarsi la responsabilità di nutrire altre bocche e di pagare cifre esose in tasse?

Corollario: molti giovani intelligenti e perspicaci, per la cui formazione i contribuenti sardi hanno investito denaro, prendono l'aereo e volano via con l'obiettivo di fare fortuna e mettere al mondo bimbi altrove, lasciando frattanto la Sardegna depauperata e, dulcis in fundo, senza abitanti.

Ciò innesca altre reazioni consequenziali: la Sardegna finisce alla ribalta, e forse al pubblico ludibrio, delle cronache nazionali e internazionali, grazie a un progetto di vendita di case abbandonate e vecchie, in paesi piccoli dell'entroterra in cui mancano cittadini, alla simbolica cifra di un euro. Una vera e propria svalutazione edilizia tesa a rimpinguare le sofferenti casse di decine di comuni sardi, piegati dalla crisi demografica che pare inarrestabile.

Deprecabile o meno che sia l'iniziativa (un inciso: io la trovo interessante), in un contesto così nero e fumoso, come si deve districare un giovane? Deve affidarsi al fato, nel ruolo di vittima sacrificale?! No. Fugge. E chi ha il coraggio di redarguirlo? Il ragazzo timoroso e ambizioso scappa via, non da codardo, ma alla ricerca di un impiego, quello che la Sardegna non ha saputo offrirgli!

E se Atene piange, Sparta non ride. Nel caso in cui, tuttavia, accadesse la situazione contraria, cioè se un sardo 2.0 illuminato sognasse di proiettare la sua vita nella terra natìa, e fosse magari in possesso di master e laurea e dottorato (aggravante!), verrebbe additato dai più come un 'ozioso' non ancora svezzato dai genitori.

Andando ancora addentro alla vicenda, si scopre che la chiave di volta è una e una sola: la creazione di politiche giovanili serie, che mettano al centro i sempre più spesso trascurati ragazzi e che facciano capire alla gente che si può essere bravi operai e ottimi professionisti vivendo pure a ... Giave.

Vorrei che per un giorno, cara Unione Sarda, la politica scendesse dalle stanze dei bottoni (la situazione è in miglioramento), incontrasse il 'vulgo' e si battesse per creare le opportunità mancanti, e non semplicemente risoluzioni estemporanee.

In un futuro non troppo lontano, sono certo che noi piccoli sardi ci sveglieremo e faremo la nostra bellissima terra, quella che diede i natali a illustri personaggi (e anche a un premio Nobel), ancor più bella. Non soltanto per le spiagge incontaminate e il gradevole paesaggio agreste, ma anche dal punto di vista societario.

Basta crederci, e avanzare uniti, appaiando le alterità, sotto l'egida di un unico ideale: quello volto a preservare la sardità. Ajo!"

Alessio Cozzolino - Cagliari

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