Pubblichiamo oggi la riflessione di un lettore sul tema della nuova politica dei dazi di Donald Trump e sulle opportunità e le sfide dell'economia, anche sarda, nel contesto globale.

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"Gentile redazione,

prendo spunto dall'editoriale del direttore uscito ieri, domenica 8 aprile, sul tema "Riso amaro per i sardi", per portare all'attenzione alcune considerazioni:

1) Non ho dimenticato il periodo da studente: i testi di geografia presentavano l'Asia, in particolare la Cina e la parziale eccezione del Giappone, alla stregua di un continente poverissimo tendente alla miseria, con altissimo degrado scolastico e condizioni di vita inumane. A testimonianza di quanto la storia del cinema anticipi la realtà sociale delle comunità, basterebbero, fra tante, pellicole come "L'arpa birmana", "55 giorni a Pechino" e lo straordinario film-documento di Roberto Rossellini "India: Matri Bhumi". Forse noi italiani, e sardi in particolare, non ci capacitiamo dei passi da gigante compiuti dall'Asia; ad essere più precisi, non riusciamo ad accettare anche per motivi psicologici che il "domani" del mondo appartenga proprio a quell'immenso continente. La globalizzazione lo sta dimostrando.

2) Proviamo ad invertire le parti: nel momento in cui ci poniamo il problema delle inumane condizioni di lavoro degli asiatici nella raccolta e produzione del riso, poi esportato in Europa a prezzi bassissimi, noi che possediamo smartphone di ultima geneazione siamo a conoscenza che l'assemblaggio di queste meraviglie dell'elettronica viene effettuato negli stati asiatici con turni di lavoro massacranti, impossibili da effettuare in Occidente, ed il costo contenuto che paghiamo per l'acquisto dipende dalle irrisorie pretese delle lavoratrici? Ci facciamo scrupoli di coscienza? Venissero assemblati ad Ovest, li pagheremmo due o tre volte tanto.

3) L'Italia si trova in una situazione particolare: inutile negare che i vari padroni del pianeta, Trump e Putin, godano nel Belpaese di simpatie mai smentite da parte della Lega di Matteo Salvini e del M5Stelle di Beppe Grillo. Questo significa che il Belpaese, piaccia o meno, si sta indirizzando verso una conflittualità latente con l'Unione Europea.

Vorrei essere chiaro al proposito: oggi, per qualsivoglia disfunzione, reale o apparente, è di moda proferire la classica frasetta: "La colpa è dei burocrati di Bruxelles". Sembra di capire, prendendo in esame la nostra Sardegna, che forze oscure, macchinazioni, peggio ancora risibili complotti, siano orditi per procurarci svantaggi con totale eliminazione dei diritti che ci competono. Una lamentela continua e ininterrotta.

4) Questo susseguirsi di proteste ha stufato, francamente. Mi permetto qualche divagazione: non ci si accorge quanto noi sardi, chiusi nel nostro perimetro, senza contatti esterni, privati della realtà di un mondo in evoluzione esponenziale, non abbiamo il polso atto a comprendere che fuori dalla nostra Terra un immane movimento di giovani, ragazze e ragazzi asiatici, arrivano adolescenti in Europa con la dimestichezza nella lingua inglese e si districano con naturalezza?

5) Faccio il mea culpa, ma ho buoni motivi di ritenere non essere il solo, tutt'altro. Ho frequentato ed acquistato vestiario, quando risiedevo in Sardegna, nei negozi cinesi. Si dice vendano chincaglierie e cianfrusaglie: mai provato vergogna. Qualcuno pensa alle condizioni degli addetti ai lavori? Si pone remore? Se ho capito/sto capendo qualcosa, vivendo da tanti anni all'estero, una certezza: questa oggi odiata e vituperata Unione Europea diventerà per la Sardegna la vera àncora di salvezza.

A meno che qualcuno non appartenga alle idee degli Orban e Le Pen. Nessuno si lamenterà per il prezzo del riso sardo un po' più caro di quello asiatico: la vera paura che percepisco è la mentalità sarda chiusa, incapace di comprendere l'evoluzione del pianeta.

Mario Sconamila - Finlandia

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