"Gentile redazione,

sono un toscano allevato nei valori dell'antifascismo. Vivo a Barcellona, città cosmopolita, meticcia, aperta e tollerante. Capitale della Catalogna, un paese che non dimentica gli avi fucilati e sepolti in anonimi fossati dalla barbarie franchista.

Barcellona, la 'rosa di fuoco' delle sommosse e rivoluzioni anarchiche, represse brutalmente con bombardamenti, assedi o esecuzioni al garrote vil (Puig Antich, un giovane libertario, fu "giustiziato" nel 1974).

Oggi, il movimento indipendentista catalano è molto più legato a un'idea profonda di democrazia, al desiderio di giustizia e libertà che a pulsioni nazionaliste o identitarie. Che abbondano piuttosto nel vasto fronte (esercito, polizia, polizia, magistratura, banche, estrema destra, conferenze episcopali, grandi conglomerati mediatici) che la Spagna post-franchista ha sollevato contro la Catalogna.

Vedo con tristezza come l'Europa, ancora una volta, sta a guardare. 'In una democrazia si può difendere qualsiasi progetto politico, purché sia privo di armi o violenza' o 'Non condivido le tue idee ma darei la mia vita perché tu possa esprimerle'. Parole vuote.

I repubblicani catalani sono scesi per anni in piazza senza rompere una vetrina, né bruciare un cassonetto. I feriti sono state persone disarmate che difendevano le urne di un referendum con i loro corpi, membri di presidi antifascisti o contro gli sfratti di famiglie. Eppure sono fioccate accuse, anche di terrorismo per... aver fatto un blocco stradale o sollevato le barriere di un pedaggio autostradale.

Ieri il governo spagnolo si è riunito a Barcellona, circondato da nugoli di poliziotti, spronato dall'estrema destra che esige più carcere, più processi, più divieti e più .... sangue.

Con la gente repubblicana colpevole solo di voler scendere in piazza, in difesa della propria dignità".

Rolando d'Alessandro - Barcellona

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