Se il segreto non vale
Caffè Scorretto
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I l bello della religione, sosteneva un peccatore incallito, è che uno confessa le peggiori malefatte, si pente (o fa finta), riceve l’assoluzione con la raccomandazione di non farlo mai più, ma siccome la carne è debole, ci ricasca. Tutto nasce e muore sotto il sigillo del segreto confessionale che obbliga i sacerdoti di non far cenno con alcuno su quanto viene loro detto durante l’amministrazione del sacramento della penitenza. Giorni fa è successo l’imprevedibile. Un governatore cattolico praticante dello Stato di Washington ha firmato una legge, valida in quel territorio, che obbliga i sacerdoti a denunciare i peccatori che nel confessionale scaricano il sozzume degli abusi commessi sui minori. Il problema pone un dilemma: il sacerdote è tenuto a obbedire alla legge del governatore o a quella di Dio come gli impone il suo ministero? Di botto tre quarti dell’universo mondo direbbe: la legge del governatore sia legge universale, chiunque sa parli. Di fronte a porcherie come l’abuso sui bambini ma anche sui malati, i fragili, i poveri cristi non c’è segreto che valga. Per i sacerdoti il “sigillo sacramentale” è sacro e chi lo tradisce è punito con la scomunica. In realtà solo sulla carta, per due motivi: il peccatore non confesserà la violenza sui minori neppure sotto tortura e il prete non rivelerà l’abuso nel nome di Dio anziché del governatore.