È chiaro che per comunicare a Zelensky il nuovo pacchetto di aiuti ieri a Biden sarebbe bastata una telefonata. Se ha preferito farlo di persona è stato per dare forza simbolica all’annuncio e per mostrare plasticamente, come dicono quelli bravi, il suo appoggio. Ma Biden a Kiev ha portato anche dell’altro: il glamour imperiale degli States, il carisma che avvolge l’uomo più potente del mondo, sia pure pro tempore. E ieri quello scintillio da supereroe Marvel ha galvanizzato e gratificato gli ucraini.

Il soft power di una nazione è fatto di immagine, cultura, identità, stile. Non è traducibile in dollari o in divisioni di fanteria, ma pesa e serve. Lo sanno gli inglesi, che sul prestigio delle loro università hanno consolidato i residui di un impero. Lo sanno i cinesi, che non a caso hanno inventato il progetto Confucio. Lo sa meglio di tutti la Chiesa. Chi non lo sa è l’Italia. Relegare il messaggio sanremese di Zelensky a uno spazietto a notte fonda non è stata tanto una gaffe verso Kiev quanto un segno di inconsapevolezza di quanto l’immagine più lieve e sorridente dell’Italia sia un asset politico importante. Continuiamo a dirci bugie nevrotiche sul nostro ruolo nel mondo, e quando viene il momento di mettere in campo uno dei nostri pochi, autentici soft power facciamo spallucce. E parliamo di Tizio che sul palco ha baciato Caio, puzzi puzzi, proprio in bocca.

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