C ome in un racconto distopico: proprio in questi giorni rievocativi dei bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki c’è chi minaccia una guerra nucleare. Quelle due bombette, una all’uranio l’altra al plutonio, causarono la morte istantanea di 70mila e 40mila persone; altrettante, ferite, morirono poi lentamente. Sì, quelle erano piccole bombe. Oggi negli arsenali militari ce ne sono decine di migliaia, ognuna cento, mille volte più potente e distruttiva di quelle sganciate sul Giappone nell’agosto del 1945. Capimmo, allora, che avevamo costruito l’arma da fine del mondo. Oggi Medvedev, frustrato ex presidente della Russia scaduto al ruolo di ventriloquo di Putin, minaccia la «distruzione atomica del mondo occidentale». Come se le bombe le avesse solo lui e si potesse distruggere l’Occidente salvando l’Oriente. La guerra atomica, se scoppiasse, sarebbe irrefrenabile. Comporterebbe l’annientamento dell’umanità e di gran parte della vita del Pianeta. Che, dopo milioni di anni, forse per l’ennesima volta rifiorirebbe essendo la Terra creatura privilegiata nell’assetto dell’universo. Una nuova umanità comparirebbe, i cui sacerdoti, scienziati e archeologi leggendo le tracce del nostro passaggio sulla terra e della nostra miserevole fine per suicidio collettivo, direbbero di noi: «Credevano di essere molto intelligenti. Invece erano dei poveri fessi».

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