D icono che i sardi siano invidiosi, più amareggiati dalle gioie del prossimo che felici delle proprie. Magari fosse vero: ci aiuterebbe ad affrontare più virilmente l’addio di Alitalia e consolarci con l’aglietto, come si dice a Roma, di un più cocente dispiacere altrui. Il riferimento è ai signori delle miglia, l’élite che volando avanti e indrè aveva accumulato privilegi patrizi.

Quello delle miglia era il sistema più feudale che in età postmoderna si possa immaginare. Al primo gradino, appena sopra i passeggeri della gleba, c’erano i valvassini del club Ulisse: era gentry, signorotti rurali distinti solo dall’imbarco prioritario. Poi c’era l’aristocrazia vera, Freccia alata, Freccia alata plus e addirittura Freccia alata per sempre, e ad ogni step corrispondeva un nuovo privilegio. Di certo la possibilità di imbarcare bagaglio extra e di scavalcare le anime perse nel purgatorio delle liste d’attesa, ma il proletariato volante favoleggiava rancoroso di vini millesimati in salotti esclusivi, di selfie col pilota e del segretissimo permesso di impugnare la cloche per brevi tratti, quando l’aereo va dritto e non c’è traffico. Talleyrand diceva che “chi non ha conosciuto l’Ancien Régime non potrà sapere cos’era la dolcezza di vivere”. Confortiamoci così, noi sanculotti volotei. Non conosceremo la dolcezza del volare nel privilegio, sì, ma neanche nessun altro potrà.

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