Morettina scusaci
Caffè Scorretto
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I l podio di questa fine d’anno è tutto per Riccardo Muti, direttore severo ma giusto. Al concerto di Natale in Senato ha sgridato l’anonimo imbranato che ha lasciato squillare il cellulare a metà sinfonia, e nell’aula dove nascono le leggi ha ricordato il valore delle regole. A inizio dicembre invece, parlando con Cazzullo sul Corriere, aveva bocciato la scuola dell’obbligo, la nostra aguzzina: “Siamo convinti che educare alla musica i nostri ragazzi consista nell’obbligarli a suonare il piffero, traendone orrendi suoni striduli”. Maestro, lei ha ragione: quando straziavamo il Carnevale di Venezia o la povera Morettina eseguivamo degli ordini. Però abbiamo anche noi le nostre responsabilità. Abbiamo assordato ed esasperato familiari e bidelli per anni, senza intuire non diremo la potenza creatrice della musica, ma neanche la funzione del foro nella parte inferiore del flauto, che tanto va sempre tappato col pollice. Quel che invece abbiamo capito è che il flauto dopo un po’ si riempie di saliva e, per nettarlo, bisogna frustarla via con secchi gesti discendenti. E quindi (bleah, è uno schifo ma certe cose è tempo di dirle) i più spregevoli tra noi ne facevano uno strumento di atroci goliardate, agitandolo in direzione dei compagni meno simpatici come un aspersorio blasfemo. Erano anni del piffero e a pensarci risale l’angoscia. Maestro, ci bacchetti.