N ell’androne del mio palazzo incontro un coinquilino che regge con cura una sporta da cui spunta un cespo di lattuga. In attesa dell’ascensore gli chiedo se quella verdura sia parte della sua dieta. «No, questa è un’opera d’arte». Notato il mio imbarazzato stupore, si affretta a darmi una spiegazione: «Oggi nell’arte vanno di moda le nature morte». «È così da sempre» ribatto. «Sì -obietta- però quelle di oggi sono nature “morte ma vive”. Basta incorniciare una banana e garantire che è un’opera d’arte. Poi devi solo attendere che si faccia avanti il signor Justin Sun, collezionista cinese miliardario, che te la compra per oltre sei milioni di dollari». «Quindi?», «Quindi l’opera d’arte sta solo nella testa dell’artista. Se sei un artista puoi dire: per me quest’orinatoio è un’opera d’arte, come disse Duchamp, che lo esibì in una mostra. Oppure puoi esporre una scatoletta con la scritta “merda d’artista”, come fece Piero Manzoni, assicurando l’autenticità del contenuto. E i milioni di dollari degli intenditori fioccano». «Intenditori di che?» gli domando. «Intenditori dei materiali suddetti» risponde caustico. «E la sua lattuga?». «Per ora vale solo dieci euro. Ma domani verrà a valutarla un collezionista milionario cui ho detto che sono un artista». «Questo è un imbroglio, non è arte», sbotto. «Forse ha ragione, signore. Questa è l’arte della banana».

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