D icono che è brutto fare legna sull’albero caduto, ed è vero. Ma è vero anche che sarebbe più facile rispettare l’albero se se ne stesse un po’ tranquillo a chiedersi come mai è caduto. Per cui, davanti al Corriere della Sera che gli chiedeva se candidare Letizia Moratti alla presidenza della Lombardia, ieri Enrico Letta aveva un’ottima opportunità di fare ciò che generalmente fanno gli alberi caduti. Proporre una quiete silente e vegetale, uno scricchiolio qua e là, lo stormire fra le fronde adagiate al suolo. Oppure poteva interpretare un leader progressista e rispondere: “Siete impazziti? Non se ne parla neanche”. Non solo perché Moratti è una donna di destra, supporter di un modello autoritario della lotta alle dipendenze come San Patrignano, pronta a tuffarsi in un labirinto giuridico pur di negare una casa popolare a una famiglia Rom. Ma soprattutto perché vuol correre fuori dal centrodestra per un solo motivo, ovvero che il centrodestra non la candiderà alla presidenza. E invece la risposta è stata una specie di “Sì, ma mi vergogno a dirlo”. Tradotto in lettese: “Ci sono le condizioni questa volta per vincere. Il Pd lombardo presenterà una candidatura forte e apriremo una discussione con tutti coloro che vogliono mandare la Lega all’opposizione”. Perdere le elezioni non è una vergogna. Non voler capire perché è successo, quello lo è.

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