Il presuntuoso
Caffè Scorretto
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È un problema di cui in questa caffetteria avevamo già parlato, però le cronache recenti e in particolare il caso di Garlasco lo rivitalizzano, un po’ come il maltempo risveglia i dolori reumatici: perché chiamare “presunto assassino” (presunto corrotto, presunto concussore etc) una persona indagata per omicidio (corruzione, concussione e via così) se nella nostra civiltà giuridica la presunzione è di innocenza?
Fra l’altro chi usa (sui giornali o altri media, poco importa) questa formula a proposito di una persona indagata lo fa con l’aria di chi si è svegliato buono, o comunque garantista. È come se dicesse all’inquisito: vedi come sono civile, carognone che non sei altro? Anziché bollarti da assassino mi limito a presumere che tu lo sia (sottotesto: tanto è questione di tempo, alla fine ti arriverà, questo definivo marchio di Caino).
Eppure basterebbe parlare di un omicida ipotetico, e non di un omicida presunto, per restituire l’attività degli inquirenti per ciò che è: una congettura, a volte solidissima e a volte meno, che andrà verificata. Altrimenti la formula “presunzione di innocenza” finirà, e sta già finendo, per esprimere non un nostro atteggiamento laico di pubblica opinione che attende la parola della giustizia, ma l’atteggiamento personale dell’indagato: vale a dire un tipo così presuntuoso da credersi e dirsi innocente.