C e lo insegnano già quando siamo bambini: non gridare «al lupo, al lupo!», come faceva per scherzo il pastorello della fiaba di Esopo solo per svegliare tutto il villaggio, perché poi – quando il lupo c’è davvero – nessuno più ti crede. Il problema è che da «al lupo, al lupo» ad «alluppo, alluppo» il passo è brevissimo. E l’effetto è lo stesso. La versione con «alluppo» affolla le caselle email dei giornalisti: ogni volta che i meteorologi prevedono un minimo di pioggia, la Protezione civile regionale invia una nota di allerta rossa, o arancione, o gialla. Ad ogni perturbazione che passa, anche le più banali, si mandano in crisi tutti: daltonici e non. All’inizio sembrava che fosse un servizio alla collettività, ma col tempo pare somigliare più a un pararsi, diciamo così, le spalle: «Ah, noi vi abbiamo avvertiti». Vero, ma nessuno più ci crede e nessuno, dunque, si prepara.

«Alluppo, alluppo» ripetuto di continuo, ha lo stesso effetto della prevenzione messa in campo a Valencia: nulla di nulla. Lì in Spagna, nessuno ha preannunciato un’ondata di maltempo capace di uccidere – finora – circa 160 persone. Una strage. Dirlo continuamente a sproposito, o non dirlo, ha gli stessi effetti, dunque serve un’idea geniale. Ad esempio, una nota che indichi: «Ragazzi, questa è brutta». Senza dirne di tutti i colori.

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