Chi soffia sul fuoco
Caffè Scorretto
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C on l’accordo proposto da Trump, accettato dalle forze in campo e da quelle collaterali, sembrava che la guerra di Gaza fosse entrata in quella fase di tregua che solitamente precede la pace. Dopo i primi due giorni hanno ricominciato a crepitare le armi: solo scaramucce, è stato detto ottimisticamente; ma il segnale è allarmante. C’è sempre, da una parte e dall’altra, chi soffia sul fuoco per evitare che le fiamme si spengano. La storia del Medioriente dal 1948 in poi è ricca di questi episodi messi in atto da disfattisti. In Italia solo gli intellettuali del progressismo salottiero e gli irriducibili sfaccendati dei centri sociali, che vogliono sfogare rabbia e violenza, hanno ancora qualche sussulto o rigurgito. In questo clima ibrido tra pace e guerra il conflitto continua soltanto in forma virtuale: nei dibattiti televisivi dove le parole spesso sono oggetti contundenti, nei botta e risposta tra politici di schieramenti opposti, negli scontri verbali da taverna dei social. L’argomento tuttora dominante è l’accusa di genocidio nei confronti del governo israeliano. Chi, come noi, non è d’accordo con l’artefatta narrativa totalmente pro Palestina e tutta contro Israele è accusato di negazionismo e complicità morale. Francesca Albanese, la santa e venerata patrona di Gaza, sostiene che costoro devono essere puniti. Nel nome, ovviamente, della libertà d’opinione.
