P roprio ieri l’Unione ha dato notizia che a Iglesias c’è chi vorrebbe consentire ai proprietari di cani e gatti di portare con sé nella tomba le ceneri dei propri adorati animali. A me pare una cosa eccessiva (come i collari tempestati di diamanti, gli abitini firmati e tutte le altre amenità), però, da amante e proprietario di cani, capisco quanto ci si possa affezionare a un animale domestico. Ma noi possessori di cani e gatti sappiamo che siamo corresponsabili del rischio di estinzione che stanno correndo gli squali? Lo hanno dimostrato due ricercatori dello Yale-NUS College, Ben Wainwright e Ian French, che hanno voluto vederci chiaro nel cibo in scatola destinato a cani e gatti. I due studiosi hanno testato 45 tipi di cibo per animali di 16 marche diverse, molti di questi, etichettati in maniera generica con indicazioni quali “fish”, “ocean fish” o “white fish”. Dei 144 campioni, ben 45 contenevano DNA di squalo. E alcune specie sono presenti nella “Lista rossa” del IUCN (International Union for Conservation of Nature) dove sono classificate come vulnerabili: lo squalo seta, il pinna bianca, la verdesca e il tigre della sabbia. Cane che mangia pescecane. Non suona bene.

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