Tra sacro e profano: il rito pasquale de “Su Nènniri”
La semina di grano in un vaso ricoperto di cotone, nascosto al buio, è l’immagine di una vita che, per rinascere, deve prima scomparire nel buio della terraPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Tra le tradizioni pasquali sarde, tra riti che affondano le radici nel mistero dei millenni, si nasconde un rituale che, tra simboli di morte e resurrezione, intreccia la sacralità cristiana con una memoria lontana, viscerale, che affonda nell’oscuro e fertile terreno delle credenze pagane.
Parliamo di “Su Nènniri”, una tradizione che, dalla costa alle campagne dell’Isola, vive ancora oggi, portando con sé il respiro di un’antica sacralità.
Come ogni rituale che sa parlare alla nostra parte più profonda, anche “Su Nènniri” si compone di un silenzioso e suggestivo gioco di luci e ombre. Il germoglio che nasce, pallido e debole, in un angolo buio, lontano dal sole, è simbolo di una vita che cresce e si afferma dopo un lungo periodo di privazione. Il gesto stesso della preparazione, che avviene nei giorni più bui della Quaresima, trasuda un significato antico: la semina di grano in un vaso ricoperto di cotone, nascosto al buio, è l’immagine di una vita che, per rinascere, deve prima scomparire nel buio della terra.
Le mani che preparano il vaso, anche quelle dei bambini, sembrano tracciare una linea di continuità con una pratica che ha attraversato i secoli.
Le donne, in passato, si prendevano cura di quest’atto, ma la tradizione si è evoluta, arrivando a chi è più giovane, a chi guarda al futuro con occhi di curiosità e meraviglia. Una volta che i germogli, cresciuti privi di luce, raggiungono la chiesa il Giovedì Santo, un battito di vita e morte sembra avvolgere l’intero cerimoniale. I germogli, ormai secchi e appassiti, vengono bruciati, perché il fuoco restituisce la forza alla terra.
Eppure, dietro la dimensione cristiana di “Su Nènniri”, si cela un antico culto che affonda le radici nell’epoca pre-cristiana. Adone, il dio greco della vegetazione e della fertilità, il cui mito ha viaggiato dal mondo mesopotamico alla Grecia, è il simbolo di un ciclo che si ripete: la morte e la rinascita, l’inverno e la primavera, il buio e la luce.
In Sardegna, Adone si trasformò nei giardini che oggi conosciamo come “Su Nènniri”, vasi di germogli che nascono e muoiono velocemente, metafora della brevità della vita e della continua rigenerazione della natura.
Il rito di Adone, celebrato nei giardini in primavera, parlava di morte e rinascita, e la tradizione sarda non ha fatto altro che conservare questo simbolismo. Quei germogli che crescevano in pochi giorni, sotto il caldo abbraccio della primavera, simboleggiavano la fioritura della terra, che dopo il lungo inverno, ritorna a donare frutti. La morte di Adone, che doveva scomparire nel buio degli inferi per poi rinascere, trova però nella tradizione di “Su Nènniri” il suo riflesso.