Oggi su Ricette sarde parliamo di un piatto che trova le sue origini nella tradizione agropastorale gallurese e che ancora oggi delizia i palati dei visitatori e dei buongustai in questa zona della Sardegna: sa mazza frissa.

Per parlarcene abbiamo contattato Antonella Abeltino, dell’agriturismo “Li Sciappeddi” di Telti.

LE ORIGINI 

«Questo piatto nasce dalla tradizione pastorale: è una ricetta tipicamente gallurese ed essendo la Gallura una zona in cui si viveva di agropastorizia, inventavano piatti di questo tipo: la stessa zuppa gallurese è nata dagli avanzi di pane raffermo e formaggio. Se piace ancora oggi? Assolutamente, è il piatto forte del nostro agriturismo. In una manifestazione enogastronomica a cui partecipai a Cagliari, quasi trent’anni fa, vinsi il primo premio grazie alla mazza frissa e alla zuppa gallurese».  

GLI INGREDIENTI

«Panna di pecora, semola di grano duro e sale. Solitamente per un litro di panna si usano tra gli 80 e i 100 grammi di semola di grano duro».

PREPARAZIONE

«Si fa bollire la panna in una pentola antiaderente. Quando sta per bollire si butta la semola a pioggia, senza formare grumi, piano piano e continuando a girarla; quando l'impasto si stacca dalla pentola e gira su sé stesso, bisogna continuare a girare cercando di portare l'impasto dal basso verso l'alto; a questo punto fuoriesce l’olio che si chiama “ociu casciu”. Poi si aggiunge un pizzico di sale e si serve. Può essere servita come antipasto accompagnata con salumi e verdure, mentre l'ultimo boccone solitamente si mangia con un filo di miele sopra. È nata come ricetta dei poveri: una ricetta poverissima che accompagnava prima i salumi e poi l'ultimo boccone faceva da dolce con un filo di miele sopra e l'olio che veniva fuori: l’ociu casciu si metteva da parte in dei contenitori e con quello si condiva la pasta, tipo burro, o si friggevano le patate e le uova: insomma si usava come olio, risultava un burro. Nella mazza frissa che avanzava la sera o l'indomani si metteva un goccino d'acqua per allungarla un po’ e si condivano gli gnocchetti: si chiamavano “gnocchetti impigliati”».

CONSIGLI UTILI

«Io consiglierei di accostarla ad un vino rosso, preferibilmente un Cannonau».

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