Dopo il titolo dell'anno scorso un altro successo in Uruguay per la coppia Diego Lopez - Michele Fini, ex giocatori e allenatori del Cagliari, da tempo trasferiti a Montevideo per allenare il prestigioso Penarol, una delle squadre più titolate al mondo.

Domenica scorsa i gialloneri hanno conquistato il torneo di Apertura uruguaiano con due giornate d'anticipo, sconfiggendo fuori casa 2 a 1 la seconda in classifica Fenix e portando a otto i punti di vantaggio sulla rivale, nel frattempo raggiunta dai Wanderers.

Comunque vada il prossimo torneo di Clausura, i gialloneri avranno il diritto di disputare la finalissima. Nel torneo di Apertura solo al quarto posto il Nacional, storico ed acerrimo rivale del Penarol. Immensa la soddisfazione della coppia di trainer, che nel lontano Uruguay, terra di grandi tradizioni calcistiche, ha costruito un capolavoro, dopo qualche amarezza vissuta nelle panchine italiane.

Michele Fini, 45 anni di Sorso e allenatore in seconda, al telefono da Montevideo, è raggiante "Una gioia immensa, un'esperienza fantastica che dedico ai giocatori e alla società che ha creduto nel nostro progetto. L'Uruguay è terra lontana, ma si gioca un ottimo calcio, soprattutto dal punto di vista tattico. Con orgoglio posso dire che in questa vittoria c'è anche la Sardegna".

Una dedica speciale all'amico e primo allenatore della squadra Diego Lopez. "Con Diego abbiamo un rapporto professionale e umano fantastico. Ovviamente per lui la soddisfazione del titolo è doppia. Ci teneva tantissimo a fare bella figura nel proprio paese".

Sarebbero innumerevoli le cose da raccontare, come la bruciante eliminizione dalla Copa Libertadores, avvenuta solo per differenza reti, mentre col regolamento europeo, per la classifica avulsa il Penarol sarebbe passato, proprio ai danni del Flamengo di Rio de Janeiro, che invece si è qualificato. "Peccato, un vero peccato - risponde Michele - però anche in Coppa abbiamo trascorso momenti meravigliosi. Non dimenticherò mai l'emozione che ho provato entrando al Maracanà di Rio, quando abbiamo sconfitto il Flamengo 1 a 0. Nello stadio c'erano le orme di tutti i grandi calciatori brasiliani, fra i quali Amarildo,che ha allenato il Sorso e che era il mio idolo da bambino. Non nego di essermi commosso. Comunque, tornando al calcio giocato, abbiamo disputato una grande Libertadores, penalizzati dall'altitudine di Quito in Ecuador e S.Jose in Bolivia. A 3500 metri era difficile respirare per me, figuriamoci per i giocatori".
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