Èstato il primo cantante sardo a Sanremo e ogni anno, in questo periodo, gli toccava rispondere ai giornalisti che rievocavano il suo primato nei servizi di presentazione del Festival. Vittorio Inzaina - morto a 77 anni lo scorso novembre dopo una lunga malattia - raccontava volentieri di quell'avventura. Rispondeva picche, invece, ai conduttori di certi programmi di riesumazione di vecchie glorie canore. "Figuriamoci, io questi colleghi li ho conosciuti quando eravamo giovani e dico che non va bene presentarsi così, prestandosi a certe operazioni nostalgia. Si diventa patetici...". L'ex muratorino di Telti che nel 1964 vinse il Festival Voci Nuove di Castrocaro e arrivò dritto a Milano alla corte di Sugar, era un cantante in pensione dal 1997. "Avevo subito due interventi alle corde vocali per via dei noduli - raccontava -. Il professore che mi seguiva disse: O smetti di cantare o ti opero di nuovo. Mi sono ritirato che avevo appena 55 anni. Ho venduto la casa di Milano e, con moglie (Ida Genetti, sposata nel 1968 ndr) e figlia, sono tornato a Telti". La villetta di via Mureddu non è mai diventata un sacrario dei successi andati. Vittorio Inzaina aveva messo da parte trofei e foto, ma teneva appesi alle pareti dello studio i quadri con la cornice a giorno pieni di ritagli dei giornali, le immagini della sua prima vita, quella parentesi dorata cominciata a Castrocaro e chiusa nel '68 con la decisione di lasciare la casa discografica per cantare nelle piazze con la "Vittorio Inzaina Soul Orchestra". (In sala d'incisione era tornato solo nel '75, per affidare all'eternità Welcome to Costa Smeralda). "La mia vera carriera - raccontava - l'ho fatta in giro per l'Italia, cantando tutte le sere per ventinove anni i classici americani, il repertorio italiano e quello tradizionale. Ma certo, la vita che ho fatto da ragazzo a Milano...". Nel 1964 Vittorio Inzaina, ultimo dei quattro figli di Giovanni Maria, era un muratore di 22 anni, guadagnava mille lire a giornata e aveva una bella voce conosciuta in tutta la Gallura. "Com'è che sono arrivato a Castrocaro? Mio fratello mi iscrisse alle selezioni che si tenevano a Olbia. C'era Virgilio Braconi, il braccio destro di Gianni Ravera, che al tempo era il patron di tutti i concorsi e i festival, compreso Sanremo. Cantai Dimmi subito di sì di Paul Anka. Va bene, vieni a Castrocaro, disse Braconi che accompagnava i concorrenti al piano. Ma è sicuro?, risposi io, guardi che io faccio il muratore e non ho tempo da perdere. Alla seconda selezione eravamo in seimila". Finì che il muratorino gallurese, intonando Questa è la prima volta, vinse Castrocaro, il concorso che al tempo era come i talent di oggi, l'ufficio di collocamento per voci nuove. Allora chi vinceva Castrocaro andava di diritto a Sanremo. L'anno prima era toccato alla giovanissima Gigliola Cinquetti (che nel '63 vinse Castrocaro con Le strade di notte di Giorgio Gaber e nel '64 Sanremo, in coppia con Patricia Carli, con Non ho l'età), ora la fortuna baciava il proletario sardo. "La mia vita cambiò di punto in bianco...». Dopo Castrocaro, Vittorio Inzaina si trasferì a Milano, venne messo sotto contratto dalla CGD di Ladislao Sugar, mentre Gianni Ravera gli procurava due, tre serate a settimana nelle piazze e nei locali da ballo. Il '65 fu l'anno d'oro: a gennaio arrivò in finale al Festival di Sanremo (vinse Bobby Solo) con Si vedrà, più di mezzo milione di copie vendute e un cachet che da 100mila lire passò a 250 mila lire a serata; mentre per tutta l'estate partecipò al Cantagiro col suo cavallo di battaglia Ti vedo dopo messa, canzone tra le cinque più gettonate al Festivalbar, allora un semplice sondaggio legato ai primi juke box arrivati dall'America. Quello, per Vittorio Inzaina, fu pure l'anno di un'occasione persa. "Nei locali della Galleria del Corso c'era un certo Lucio Battisti che suonava la chitarra con I Campioni - raccontava -. Un giorno mi disse: senti questa canzone, vorrei che la cantassi tu. Me la fece ascoltare, ma a me non piacque. Non l'avevo capito, che peccato". La canzone era Uno in più e nel '66, cantata da Riki Maiocchi, fu un successo da un milione di copie. Vedeva con favore i talent show e diceva che la sua storia gli ricordava un poco quella di Marco Carta e di Valerio Scanu. "Sa perché piacciono? Perché fanno quello che deve fare chi canta le canzonette - spiegava -: trasmettere emozioni".

Ricordava gli anni di Milano. "Dopo la vittoria a Castrocaro, il vecchio Sugar mi chiamò al quartier generale della CGD in Galleria del Corso. Lì c'era anche la pensione degli artisti alle prime armi, ci tenevano tutti insieme: io al settimo piano con Luigi Tenco, Bruno Lauzi, Mino Reitano, mentre Caterina Caselli (che nel '70 avrebbe sposato Piero Sugar ndr) stava al quarto". Da Telti alla capitale del disco. Nelle sale di Milano, dal Santa Tecla all'Europa, erano i tempi della nascente musica rock, delle sperimentazioni, ma le canzonette andavano forte. "Ero in un altro mondo. Mi comprai subito l'Alfa Romeo Gt 2000, uscivo tutte le sere con sei, settecentomila lire in tasca. Un giorno mi chiama Sugar e mi dice: senti ragazzo, stai sperperando i tuoi soldi. D'ora in poi faccio i vaglia postali a tuo padre". Gli amici erano Bruno Lauzi, Claudio Lippi, Riki Maiocchi, Paolo Mosca, Wilma Goich. Tra gli antipatici ne ricordava soprattutto uno: "Al Bano, era insopportabile". Quattro anni di questa vita e Vittorio Inzaina già non ne poteva più. "Odiavo le serate passate alla Rinascente a firmare autografi, e soprattutto le storie finte inventate dalla stampa e dalla casa discografica. Una volta mi hanno messo in mano un mazzo di fiori e mi hanno portato sotto una finestra. Il giorno dopo la mia foto era su tutti i giornali. Un articolo grande così con un titolone: Vittorio Inzaina fa la corte a Ornella Vanoni». Nulla di vero, naturalmente. Era tutto inventato. Vittorio Inzaina lo diceva chiaro e tondo: "Quello lì non era il mio mondo, per questo sono tornato a casa".

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