Siamo nel pieno della settimana di Sanremo, rullo compressore per chi ci lavora e soprattutto per i cantanti, estenuati da ore di prove e pressioni di ogni genere.

Ma Alessandro Mahmoud, in arte Mahmood, trova il tempo di incontrarci, di salutarci con un abbraccio e di offrirci una tazza di tè nell'albergo in cui alloggia in questi giorni di fuoco.

Sì perché è l'umiltà la cifra che caratterizza questo giovane cantante, mamma di Orosei e papà egiziano: a soli 26 anni ha già firmato pezzi che sono diventati hit della musica italiana, da "Nero Bali" - il successo dell'estate di Elodie, Michele Bravi, Guè Pequeno - fino a "Hola" (e non solo) di Marco Mengoni (con un featuring di Tom Walker) che ieri si è guadagnato una standing ovation al Teatro Ariston.

"Da un anno e mezzo faccio l'autore per altri artisti", minimizza lui, che non sembra avvezzo ad alcun vanto. E invece, pur essendo arrivato tra i campioni dalla corsia "collaterale" di Sanremo Giovani, vincendo con "Gioventù Bruciata", è uno dei più interessanti nel menù di quest'anno.

Alessandro, per i lettori che non ti conoscono ancora, ci racconti qualcosa di te?

"Studio musica da quando avevo 12 anni. Ho iniziato con corsi di chitarra, poi mi sono dato al canto, ho studiato pianoforte e ho cominciato a scrivere canzoni a 19 anni. 'Soldi', la canzone che porto a Sanremo è frutto di un lavoro che dura da circa tre anni. Il primo marzo uscirà il mio primo disco 'fisico' ed è un grande traguardo. Si chiamerà 'Gioventù bruciata' come l'Ep che era uscito qualche mese fa, perché è un suo prolungamento".

Sono passati tre anni dalla tua prima partecipazione a Sanremo Giovani, cosa è cambiato?

"Sono cresciuto molto al livello artistico e anche come persona. Su quel palco è stato come rivivere gli stessi ricordi però in maniera più matura e consapevole".

Com'è andata la prima esibizione? In sala stampa abbiamo ballato molto nonostante la tarda ora.

"Sono veramente felice, alle prove non l'avevo fatta bene come martedì. Però posso sempre migliorare, posso sempre farla meglio".

E il duetto di venerdì con Guè Pequeno?

"Sono gasatissimo. Sarà una bomba, vi sorprenderemo".

Parliamo della tua canzone: una scarica di energia ma con un testo, il rapporto con un padre "fantasma", molto sofferto. E' completamente autobiografica?

"Sì, è parecchio autobiografica, è una storia che ho vissuto e che hanno vissuto tante persone. Ma ci sono delle parti che non hanno un significato letterale. Per esempio 'Beve champagne sotto il Ramadan' è un verso che uso per dire 'Predichi bene e razzoli male'. Anche i 'soldi' di cui parlo, non sono materiali. Parlo di famiglia e di come il denaro può cambiare i rapporti al suo interno".

E quei versi in arabo?

"Li ho sentiti nella mia infanzia, ho delle immagini forti che richiamano al mondo arabo. Ho voluto metterle per rafforzare ancora di più quel ricordo".

Posso chiederti che fine ha fatto tuo padre?

"Sì, e ti rispondo che non ne ho idea. Non ho rapporti con lui".

E la mamma?

"Mia mamma è felicissima e orgogliosa. E' arrivata con tutta la banda dalla Sardegna... da Orosei con furore!".

Che rapporto hai con l'Isola?

"Ci vado tutte le estati, se ne salta una mi sento male. C'è la casa dei miei nonni lì ed è sempre bello perché siamo una famiglia molto numerosa. Mia madre ha 11-12 fratelli (non ricordo mai esattamente quanti!), e molti cugini. Quindi siamo tantissimi! Il tempo che passo in Sardegna mi è davvero utile".

Perché?

"Perché sono molto legato alla cultura e al folklore sardo. E quando sono nell'Isola, forse per il posto, forse per il sentire parlare la lingua, mi sento veramente ispirato. Ogni volta che respiro la Sardegna non faccio altro che scrivere".

Angelica D'Errico

(Unioneonline)
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