Il primo nuraghe è spuntato a diecimila chilometri da qui, in Argentina: il circolo sardo di La Plata l'ha costruito con pietre e cemento in un parco del centro città, in quella che è stata ribattezzata plazoleta Isola di Sardegna. I sardi che vivono da queste parti, a poca distanza da Buenos Aires, sono entusiasti. «Ringraziamo profondamente la Regione per l'investimento fatto», scrivono i responsabili dell'associazione intitolata ad Antonio Segni. L'aiuto ha consentito di «compiere il nostro sogno di avere un nuraghe nella nostra città». Non è il solo.

Anche a San Pedro - sempre in Argentina - e a Biella, in Piemonte, sono stati costruiti due modelli in scala ridotta. Insieme a quello di La Plata sono i modelli da replicare. Nell'Isola però le reazioni non sono euforiche come all'estero: c'è addirittura chi ha avviato una petizione - lo ha fatto il leader di Unidos Mauro Pili - per bloccare il progetto della Regione, che prevede la realizzazione di 121 nuraghi in giro per il mondo.

Casa Sardegna

Alessandra Zedda nei giorni scorsi è volata a Buenos Aires per partecipare al congresso dei circoli sardi in Argentina e spiegare che intenzioni ha la Giunta per sostenere gli emigrati: «Il nuraghe è la casa più antica dei sardi e dovrà essere realizzata in tutte le città dove ci sono i circoli», ha detto l'assessora al Lavoro ai sardi di La Plata, «noi vogliamo che gli emigrati abbiano la loro regione nel cuore e possano essere i missionari di Sardegna, attraverso la cultura e l'archeologia. Per questo», chiarisce in un video-messaggio che circola in queste ore su Facebook, «il nuraghe rappresenterà la Sardegna nel mondo».

Polemiche

A queste latitudini però l'idea non piace a tutti: «È giusto coinvolgere i circoli degli emigrati», premette Alessandro Solinas, consigliere regionale del M5S, «ma ci sono metodi migliori per promuovere la Sardegna a livello internazionale. Comincerei, ad esempio, valorizzando i nuraghi già esistenti nell'Isola. Credo che la Giunta potrebbe essere più incisiva».

Eugenio Lai la butta sull'ironia: «Abbiamo capito che per far sentire» agli emigrati «l'aria di Sardegna non bisogna garantire una continuità aerea e marittima più abbordabile economicamente e sostenibile, ma costruire invece nuraghi», scrive sui social il consigliere regionale di Liberi e uguali. Michele Piras, ex deputato di Articolo 1-Mdp, ora nel Pd, affonda il colpo: «In Sardegna ci sono migliaia di siti nuragici, alcuni di grandissimo pregio e pochissime le risorse destinate alla loro valorizzazione, alla manutenzione, a una campagna di scavi per farli emergere dall'oblio, a un piano che coinvolga storici, archeologi, guide e cooperative».

Favorevole

La maggioranza difende il progetto. «Non è niente di nuovo: in fondo anche di fronte al Louvre c'è una Piramide in miniatura. Ben venga ogni iniziativa messa in campo per far conoscere il nostro territorio all'estero», è l'opinione di Stefano Schirru, Psd'Az. «Costruire i nostri simboli ha una duplice funzione. Da una parte si fanno sentire più vicini a casa gli emigrati, dall'altra si possono indurre tante persone a venire nell'Isola per vedere da vicino alcuni tra i manufatti più antichi al mondo».

Isola vicina

Il progetto della Regione vorrebbe trasformare gli emigrati in «missionari di Sardegna» e rafforzare il loro rapporto con l'Isola, attraverso due simboli dello sport: il Cagliari Calcio e la Dinamo Sassari. Nella trasferta argentina dei giorni scorsi l'assessora Zedda è stata seguita anche dagli «ambasciatori» delle due squadre. I testimonial individuati per le prossime iniziative sono Lucas Castro, Giovanni Simeone e Marco Spissu.

Michele Ruffi

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