Il 4 marzo i leader dei vari partiti sono chiusi nei loro quartier generali e attendono, a notte fonda, i primi risultati delle elezioni. I Cinque Stelle sono all’hotel Parco dei Principi di Roma, Silvio Berlusconi è nella sua villa di Arcore, Matteo Salvini è nella storica sede leghista di via Bellerio a Milano, l’altro Matteo (Renzi) è in via del Nazareno.

Quando è ormai certo che i numeri generali parlino della vittoria del Movimento e del sorpasso del Carroccio su Forza Italia, si scatena una ridda di abbracci.

Ma quello è solo l’inizio di una storia che non ha precedenti per la tradizione repubblicana.

C’è da dire che il capo dei pentastellati e quello del Carroccio in realtà nemmeno si conoscevano: la prima volta si incontrano in una casa in periferia a Roma. Tema del giorno: Di Maio che chiede a Salvini di "mollare" Berlusconi, e Salvini che chiede a Di Maio garanzie di porta chiusa al Pd.

Per fare tutti contenti, si decide di dare la presidenza della Camera ai Cinque Stelle, quella del Senato a Forza Italia, perché per il Carroccio è fondamentale dimostrare ancora una volta lealtà a Forza Italia.

Per il Senato si fa il nome di Anna Maria Bernini e poi quello di Maria Elisabetta Alberti Casellati. In aula, il 23 marzo, alla prima votazione la Lega presenta schede bianche, alla seconda Berlusconi viene informato che si punta sulla Bernini. Peccato che non ci fosse alcun accordo in questo senso e il cav. non la prende bene. Ma nemmeno la protagonista apprezza questo modo di fare. Si giunge così a un’alternativa: Roberto Fico o Riccardo Fraccaro, e prevale il primo.

Roberto Fico (Archivio L'Unione Sarda)
Roberto Fico (Archivio L'Unione Sarda)
Roberto Fico (Archivio L'Unione Sarda)

Per il Senato, invece, solo pochi minuti prima dell’apertura di seduta, e siamo al 24 marzo, Casellati sa che c’è l’intesa sul suo nome. E anche per i 5 Stelle quella stessa mattina la sorpresa non è piacevole perché il magistrato viene definito dai più "una berlusconiana di ferro", ma ormai è tardi, non c’è più tempo per riparlarne.

Maria Elisabetta Alberti Casellati (Archivio L'Unione Sarda)
Maria Elisabetta Alberti Casellati (Archivio L'Unione Sarda)
Maria Elisabetta Alberti Casellati (Archivio L'Unione Sarda)

E i problemi non sono finiti perché dopo questi primi passi ci sono quelli per la composizione della squadra di governo con le infinite consultazioni che prendono il via il 5 aprile.

Il punto di partenza è chiaro: Di Maio dice che potrebbe allearsi con la lega o col Pd ma solo se lui ha il ruolo del capo, il Pd invece non ci pensa proprio. E il centrodestra vorrebbe invece un governo tutto suo.

Si sale e si scende dal Quirinale, si formano squadre, si disfano e si ricostituiscono fino a quando il 18 aprile Sergio Mattarella dà l’incarico a Casellati di verificare la possibilità di uno governo composto da 5 Stelle e centrodestra. Tempo: 36 ore, che si concludono con un nulla di fatto.

23 aprile: il presidente della Repubblica si affida a Roberto Fico e gli dà tre giorni di tempo per sondare l’ipotesi di un’alleanza 5 Stelle-Pd. E mentre ancora sembra che i giochi siano aperti, è Matteo Renzi a bloccare tutto: "Chi ha perso le elezioni – dice nel salotto di Fabio Fazio – non può andare al governo". Di Maio non aspettava altro, forse, ma il fatto che a dire “niet” fosse il Pd e non il Movimento non gli va giù.

E via quindi con un altro giro di consultazioni, e si arriva al 7 maggio. Due sono i fronti: da un lato bisogna che il Cav accetti le condizioni di Di Maio, dall’altro c’è sempre il problema del nome del premier. In pochi giorni Berlusconi cede, in fondo c’è sempre il rischio di tornare a votare che incombe, e le nuove elezioni potevano arrivare in piena estate.

Come mai questo cambio di rotta? Per una condizione importante: nel contratto di governo la Lega doveva introdurre in numero consistente i punti del programma del centrodestra.

Si apre ora il secondo tema: la scelta del premier. L’unico che soddisfa tutti è Giuseppe Conte e col suo nome si va da Mattarella, e l'incarico per la formazione del nuovo governo viene attribuito il 23 maggio. Il Quirinale tiene però per sé l’opzione del parere vincolante su alcuni dicasteri: Esteri, Economia e Affari europei.

Per quest’ultimo il nome giusto è sembrato subito quello di Enzo Moavero Milanesi, che già era conosciuto per la sua esperienza nei governi Monti e Letta. Per gli Esteri invece Giampiero Massolo. Per l’Economia la "nota dolente" (così si rivelerà) Paolo Savona, economista sardo.

Paolo Savona (Archivio L'Unione Sarda)
Paolo Savona (Archivio L'Unione Sarda)
Paolo Savona (Archivio L'Unione Sarda)

A telefonargli, mentre è a San Giovanni di Sinis, è Giancarlo Giorgetti. Il professore cagliaritano non è entusiasta ma parte all’altra volta di Roma. Il suo nome sembra quello giusto e quando il 27 maggio Conte va da Mattarella con la lista dei ministri è piuttosto sicuro di ottenere il via libera.

E, invece, al Quirinale Savona non va giù. Ma nemmeno Conte digerisce il "no", quindi rimette il mandato perché soluzioni alternative non ce ne sono.

In pratica il Presidente della Repubblica riteneva che Savona, con le sue precedenti posizioni in cui aveva sostenuto la necessità che l’Italia uscisse dall’euro, rappresentasse un pericolo e il Paese non fosse visto di buon occhio per questa scelta.

Ed è in questi giorni che gli italiani si trasformano tutti in provetti costituzionalisti, che si chiedono se il Capo dello Stato possa impedire la formazione del governo. Di Maio poi si spinge oltre e parla di "impeachment", ossia la messa in stato d’accusa nei confronti di Mattarella. Erano passati tre mesi dalle elezioni è ancora il governo non c’era. Ma tra accuse e ribattute, alla fine il Presidente annuncia di aver convocato Carlo Cottarelli per la formazione di un governo tecnico.

Carlo Cottarelli (Archivio L'Unione Sarda)
Carlo Cottarelli (Archivio L'Unione Sarda)
Carlo Cottarelli (Archivio L'Unione Sarda)

Trolley alla mano e zainetto in spalla, l’economista si presenta a Roma il 28 maggio. Con un spaio di incontri, è lista dei possibili ministri alla mano, discute con Mattarella sull’opportunità che si provi comunque a fare un governo politico. Ed è questa la linea che prevale con la disponibilità di Lega e 5 stelle.

Ma il "problema Savona" è sempre lì, che aspetta tutti al varco. Una soluzione si deve trovare e deve salvare la faccia a tutti. L’unica cosa da fare sembra quella di spostarlo dal ministero dell’Economia e assegnare il nome a un’altra casella, quella degli Affari europei. L’idea piace, al protagonista soprattutto, che ha la possibilità di fornire un parere sul suo sostituto. Nella terna a cui aveva pensato c’era Giovanni Tria. E in poche ore si risolve il rebus che per settimane sembrava impossibile.

È tutto pronto, Conte sale al Quirinale. Savona, di nuovo in Sardegna, chiude ogni contatto col mondo esterno, pensa e ripensa che alla sua età, 81 anni, può fare volentieri a meno di questa esperienza. Lo dirà, rinuncerà. Ma Conte poi esce dal colloquio, ed è la moglie di Savona a chiamarlo per farlo uscire dal suo studio in cui si era rintanato: "Sei agli Affari europei!" gli dice. È fatta, non può più tirarsi indietro o potrebbe procurare una crisi.

I volti dei ministri (Ansa)
I volti dei ministri (Ansa)
I volti dei ministri (Ansa)

La squadra è quindi formata:

Ministro dell'Interno: Matteo Salvini (Vice Presidente del Consiglio)

Sviluppo economico e lavoro e politiche sociali: Luigi Di Maio (Vice Presidente del Consiglio)

Affari Esteri e Cooperazione internazionale: Enzo Moavero Milanesi

Giustizia: Alfonso Bonafede

Difesa: Elisabetta Trenta

Economia e Finanze: Giovanni Tria

Politiche agricole alimentari e forestali: Gian Marco Centinaio

Ambiente, tutela del territorio e del mare: Sergio Costa

Infrastrutture e trasporti: Danilo Toninelli

Istruzione, Università e ricerca: Marco Bussetti

Beni e attività culturali e turismo: Alberto Bonisoli

Salute: Giulia Grillo

Rapporti con il Parlamento e democrazia diretta: Riccardo Fraccaro

Pubblica Amministrazione: Giulia Bongiorno

Affari regionali e autonomie: Erika Stefani

Sud: Barbara Lezzi

Famiglia e disabilità: Lorenzo Fontana

Affari europei: Paolo Savona

IL GIURAMENTO DEI MINISTRI:

Conte e i ministri giurano sulla Costituzione: al via il nuovo governo
Conte e i ministri giurano sulla Costituzione: al via il nuovo governo
Conte e i ministri giurano sulla Costituzione: al via il nuovo governo
L'attesa dei ministri
L'attesa dei ministri
L'attesa dei ministri
Matteo Salvini durante la cerimonia
Matteo Salvini durante la cerimonia
Matteo Salvini durante la cerimonia
Paolo Savona, ministro agli Affari Europei
Paolo Savona, ministro agli Affari Europei
Paolo Savona, ministro agli Affari Europei
Mattarella, Conte e Savona
Mattarella, Conte e Savona
Mattarella, Conte e Savona
Il presidente della Repubblica con il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti
Il presidente della Repubblica con il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti
Il presidente della Repubblica con il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti
Luigi Di Maio e Matteo Salvini
Luigi Di Maio e Matteo Salvini
Luigi Di Maio e Matteo Salvini
Giulia Bongiorno, nuovo ministro alla Pubblica Amministrazione firma davanti a Mattarella
Giulia Bongiorno, nuovo ministro alla Pubblica Amministrazione firma davanti a Mattarella
Giulia Bongiorno, nuovo ministro alla Pubblica Amministrazione firma davanti a Mattarella
Sergio Mattarella e Luigi Di Maio
Sergio Mattarella e Luigi Di Maio
Sergio Mattarella e Luigi Di Maio
Giovanni Tria, ministro dell'Economia, dopo la firma
Giovanni Tria, ministro dell'Economia, dopo la firma
Giovanni Tria, ministro dell'Economia, dopo la firma
La firma di Barbara Lezzi, ministro senza portafoglio al Sud
La firma di Barbara Lezzi, ministro senza portafoglio al Sud
La firma di Barbara Lezzi, ministro senza portafoglio al Sud
Matteo Salvini al Quirinale ringrazia i presenti
Matteo Salvini al Quirinale ringrazia i presenti
Matteo Salvini al Quirinale ringrazia i presenti
Il giuramento di Erika Stefani, neoministro agli Affari regionali
Il giuramento di Erika Stefani, neoministro agli Affari regionali
Il giuramento di Erika Stefani, neoministro agli Affari regionali

Sabrina Schiesaro

(Unioneonline)
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