"Non mi ricandido più. Non sarò ministro, non sarò parlamentare. Voglio riprendermi un pezzo della mia vita". È passato quasi un anno da quando Angelino Alfano ha mandato in tilt i vertici di Ap, il partitino rimasto orfano del suo indiscusso leader.

Il suo annuncio ha scatenato le ironie della Rete, anche perché Alfano una vita fuori dal Palazzo non l'aveva mai avuta.

Angelino Alfano nel 2001, alla sua prima legislatura da deputato (Ansa)
Angelino Alfano nel 2001, alla sua prima legislatura da deputato (Ansa)
Angelino Alfano nel 2001, alla sua prima legislatura da deputato (Ansa)

GLI INIZI - Enfant prodige della politica italiana, delfino di Berlusconi poi diventato pesciolino da acquario, la sua carriera è caratterizzata da una rapidissima ascesa e da una ancor più veloce caduta agli inferi.

Nato nel 1970 ad Agrigento, muove i primi passi politici nella Dc giovanile. Dopo il terremoto di Tangentopoli sceglie il giusto trampolino di lancio per fare carriera e si iscrive alla neonata Forza Italia.

E nel 1996 viene subito eletto nell'Ars, il parlamentino della Regione Sicilia, in cui diventerà capogruppo del partito. Le tappe dell'ascesa sono rapidissime: Alfano nel 2001 entra alla Camera dei Deputati e anche nelle grazie di Silvio Berlusconi, per molti è l'enfant prodige di Forza Italia. Gianni Letta, plenipotenziario del Cav, lo definirà "competente, preparato e, soprattutto, servizievole".

A Montecitorio viene rieletto nel 2006, e anche nel 2008, nelle file del neonato Pdl che sbaraglia il Pd e si appresta a governare il Paese.

Il primo giuramento da ministro, dal 2008 è Guardasigilli del governo Berlusconi (Ansa)
Il primo giuramento da ministro, dal 2008 è Guardasigilli del governo Berlusconi (Ansa)
Il primo giuramento da ministro, dal 2008 è Guardasigilli del governo Berlusconi (Ansa)

MINISTRO DELLA GIUSTIZIA - Berlusconi gli affida il ministero per lui più delicato (quello della Giustizia), e Angelino, che a 36 anni è il più giovane Guardasigilli della storia repubblicana, ringrazia.

Ringrazia e si mette in azione, per liberare il Cavaliere dagli impacci giudiziari. Il suo primo provvedimento è il Lodo Alfano, che prevede l'immunità per le quattro più alte cariche dello Stato: Presidente della Repubblica, presidenti di Camera e Senato e, soprattutto, presidente del Consiglio. La Corte Costituzionale lo boccia un anno dopo.

Il giovane Guardasigilli si rimette subito al lavoro, escogitando un'altra legge per mettere al riparo Berlusconi dai guai giudiziari. Ma anche la norma sul legittimo impedimento viene giudicata incostituzionale.

Come un Re Mida al contrario, qualsiasi cosa tocchi la trasforma in fango. Ma ha una qualità, cade sempre in piedi: infatti non pagherà per gli errori e le gaffe commessi da ministro; a condannarlo all'irrilevanza saranno le sue scelte politiche.

Berlusconi lo incorona segretario del Pdl (Ansa)
Berlusconi lo incorona segretario del Pdl (Ansa)
Berlusconi lo incorona segretario del Pdl (Ansa)

IL SEGRETARIO SENZA QUID - Quando il governo Berlusconi cade rovinosamente tra i sorrisini compiaciuti di Merkel e Sarkozy, il Cav dà la spinta all'apparenza decisiva al suo delfino, designandolo per acclamazione segretario politico del Pdl. Sarà il primo (il Pdl prevedeva sino ad allora la sola figura del presidente) e ultimo.

Alfano diventa subito il principale sponsor, a destra, del governo Monti, che sarà definito anche governo ABC dai nomi dell'ex Guardasigilli, di Bersani e Casini.

Obiettivo di Berlusconi era mandare il suo delfino in avanscoperta per riallacciare i rapporti con i moderati dopo la rottura con Fini e Casini e recuperare consensi in seguito agli scandali sessuali che avevano pesantemente colpito la sua immagine. Ma i primi risultati elettorali non danno ragione al segretario del Pdl, sonoramente sconfitto nella "sua" Sicilia.

Alfano, Bersani e Casini, le tre facce del governo Monti (Ansa)
Alfano, Bersani e Casini, le tre facce del governo Monti (Ansa)
Alfano, Bersani e Casini, le tre facce del governo Monti (Ansa)

Il candidato da lui scelto alle comunali di Palermo perde contro Leoluca Orlando, e Alfano è costretto ad incassare una batosta anche nella sua città natale, Agrigento. Poi arrivano le regionali, Angelino sceglie Musumeci e il partito tocca i minimi storici in Sicilia, spianando la strada al governatore Crocetta.

Ma Alfano insiste. Si sente candidato in pectore del centrodestra per le successive elezioni politiche e inizia a organizzare le primarie, a cui si iscrivono anche Meloni e Santanchè, mentre lo stato maggiore del Pdl si schiera con lui.

Neanche il tempo di dire primarie e Silvio Berlusconi torna in campo, sbeffeggiandolo. La frase del Cavaliere resterà negli annali: "Alfano è bravo, gli vogliono tutti bene, però gli manca il quid. Soprattutto, gli manca la storia".

Il delfino "senza quid" ridiventa pesciolino e torna nell'acquario. Lo fa in silenzio, rispettando l'autorità del Cav, com'è nel suo stile. Le primarie saltano e alle politiche del 2013 il leader del centrodestra è di nuovo Berlusconi.

Con Enrico Letta, del cui governo è vicepremier e ministro dell'Interno (Ansa)
Con Enrico Letta, del cui governo è vicepremier e ministro dell'Interno (Ansa)
Con Enrico Letta, del cui governo è vicepremier e ministro dell'Interno (Ansa)

IL GOVERNO LETTA E LA ROTTURA COL CAV - Alfano è ancora formalmente segretario del Pdl quando, nel 2013, giura da ministro dell'Interno e vicepremier del governo Letta.

Lo fa con il beneplacito di Berlusconi, che poco dopo, quando il Pd vota la sua decadenza da senatore in virtù della legge Severino, decide di far saltare il banco e far cadere il governo Letta. Scioglie il Pdl e rifonda Forza Italia.

Ma il pesciolino questa volta tira fuori la testa dall'acquario e fa la scissione. Crea Ncd (Nuovo Centrodestra), stringe l'alleanza col Pd e, soprattutto, mantiene la poltrona.

L'ex enfant prodige ha il quid, pensano in molti dopo la rottura. Ma è facile strappare con un Cavaliere ormai decaduto e ai minimi storici quanto a consensi. Per di più con la doppia poltrona di vicepremier e ministro dell'Interno da mantenere. Altra cosa rispetto allo strappo, decisamente più coraggioso, di Gianfranco Fini. Che ha rotto con Berlusconi quando questo era ancora presidente del Consiglio e capo indiscusso del centrodestra.

Sui banchi del governo a Montecitorio, con Matteo Renzi (Ansa)
Sui banchi del governo a Montecitorio, con Matteo Renzi (Ansa)
Sui banchi del governo a Montecitorio, con Matteo Renzi (Ansa)

AL VIMINALE - Quanto al lavoro da ministro, non dà grande prova di sé neanche al Viminale. Fa arrestare ed espellere in Kazakistan Alma Shalabayeva (moglie di un dissidente kazako in prigione) con la figlioletta, esponendole alle ritorsioni del sanguinario dittatore Nursultan Nazerbaev. Alfano si attira gli strali delle opposizioni, di gran parte del Pd (lo stesso Renzi ne chiede le dimissioni ma poi, quando succede a Letta a Palazzo Chigi, lo conferma al Viminale) e di diverse organizzazioni internazionali.

Un'altra gaffe che gli attira le critiche di mezzo Pd la fa quando invia ai prefetti una circolare per annullare tutte le trascrizioni di matrimoni gay effettuati sui registri di Stato civile. Si becca la censura della Cedu (Corte Europea per i Diritti dell'Uomo), la bocciatura del Tar. E alla fine - beffa delle beffe - il suo stesso governo approva il ddl Cirinnà sulle unioni civili.

Non gliene va bene una, insomma. E anche il suo successore contribuisce a farlo sfigurare. Marco Minniti in pochissimo tempo riduce sensibilmente gli sbarchi dei migranti, che con Alfano al Viminale avevano raggiunto la cifra record di 175mila arrivi in un anno.

In tenuta militare a Herat, in Afghanistan (Ansa)
In tenuta militare a Herat, in Afghanistan (Ansa)
In tenuta militare a Herat, in Afghanistan (Ansa)

ALLA FARNESINA - Lui transita agli Esteri, dove delle sue azioni non si conserva un gran ricordo. È Minniti a gestire i rapporti con la Libia e con gli altri Paesi del Nord Africa. Alfano va agli appuntamenti ufficiali, dove dà mostra di un inglese molto maccheronico. Il video in cui la commissaria Ue lo riprende perché giustifica il suo arrivo in ritardo con il "waind" (che sta per "wind", vento) è diventato virale. Così come il suo discorso di sei minuti in "anglo-siciliano" all'Assemblea dell'Onu. E a scatenare ulteriormente la Rete è anche il caso del fratello assunto come dirigente in Poste Italiane.

"NON MI RICANDIDO" - Poi, il 6 dicembre 2017, l'annuncio: "Non mi ricandido". Un passo indietro signorile ed elegante? Neanche per sogno, pensano i maligni. Facile farsi da parte dopo aver ricevuto il benservito da Renzi e con i sondaggi che danno al suo partitino percentuali da prefisso telefonico. I suoi quattro seguaci, rimasti senza leader, vanno nel panico. Poi scelgono Lorenzin e rimediano lo 0,5% alle elezioni del 4 marzo.

Da bambino prodigio a nobile decaduto il passo è breve, e se ad Alfano non può essere certo concesso l'onore delle armi (non ha la stazza di un combattente cuor di leone), gli va almeno dato atto di aver scelto il momento giusto per farsi da parte. Prima di rimediare l'ennesima figuraccia di una carriera politica in cui gli incarichi occupati superano di gran lunga gli effettivi meriti.

Il passaggio di consegne col nuovo ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi (Ansa)
Il passaggio di consegne col nuovo ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi (Ansa)
Il passaggio di consegne col nuovo ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi (Ansa)

ALFANO OGGI - E oggi? Che fine ha fatto Angelino Alfano? È tornato a fare l'avvocato, è consulente del prestigioso studio Bonelli Erede Pappalardo su questioni di diritto e diplomazia internazionale. E presiede la Fondazione De Gasperi. In attesa, chissà, di tornare in politica quando il "waind" tornerà a soffiare in suo favore.

Che la vita sia stata sin troppo generosa con lui lo si evince da un altro fatto. Il 7 maggio, mentre M5S gira da una parte all'altra dello scacchiere politico per formare un governo, Alfano - ancora in carica alla Farnesina per il disbrigo degli affari correnti - raggiunge un altro record: con i suoi 1836 giorni consecutivi diventa il ministro più longevo della storia repubblicana.

Davide Lombardi

(Unioneonline)
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