No, alla fine non è arrivata nessuna svolta da Israele: ancora una volta, ad uscire vincitore dalle terze elezioni in meno di un anno, è Benjamin “Bibi” Netanyahu, che sembra destinato a diventare primo ministro per la quinta volta.

La sterzata a sorpresa è arrivata a metà della scorsa settimana quando Benny Gantz, che aveva avuto il mandato dal presidente israeliano Reuven Rivlin di provare a formare un governo, ha di fatto rinunciato a questo ruolo e si fatto eleggere presidente della Knesset (il parlamento israeliano); quindi, con un gruppo di eletti del partito Blu e Bianco, si è dichiarato a favore della formazione di un governo di unità nazionale con il Likud, il partito di Netanyahu, e altri partiti di destra e religiosi.

Gantz ha spiegato la sua posizione segnalando le difficoltà nel trovare un accordo di governo con i partiti che inizialmente si erano detti disponibili (Blu e Bianco, Laburisti, Lista Unita arabo-israeliana, Israel Beitenu) nonché il fatto che il paese è colpito dal Corona virus e dunque abbia necessità di un governo che agisca presto.

Ad aumentare il caos del momento aveva anche contribuito la necessità di votare al più presto un presidente della Knesset che potesse convocare i lavori, un bisogno sollecitato anche da un pronunciamento dell'Alta Corte di Giustizia; questa intromissione da parte della magistratura aveva scatenato le reazioni della destra (che temeva uno speaker a lei avverso che potesse prendere il controllo della agenda parlamentare) e un successivo intervento pacificatore del presidente della repubblica Rivlin, che aveva richiamato tutto l’arco parlamentare al rispetto della magistratura e delle regole (sollecitando dunque anche lui la riapertura della Knesset per il voto del suo presidente).

In una seduta tenuta da Amir Peretz, decano dei parlamentari, è stato dunque eletto Gantz, si è celebrata contestualmente la spaccatura all’interno di Blu e Bianco nonché la possibilità di creare un nuovo governo con a capo, ancora una volta, Re Bibi.

Netanyahu sembra dunque, ad oggi, ancora una volta il vincitore. E poco importa che abbia sempre più lati oscuri, come l’aspetto non irrilevante di avere rinviato il suo stesso processo (il capo più importante è corruzione); il processo era previsto il 17 marzo ma, essendo ancora in carica in attesa della formazione di un nuovo governo, il 14 marzo Bibi aveva ordinato, a causa del Corona virus, la chiusura di tutti i tribunali (eccetto per i casi urgenti) e dunque obbligato i giudici a rimandare tutto a fine maggio. Si capirà poi se a quella data il processo avrà luogo.

Si prospetta dunque un esecutivo di unità nazionale, il cui accordo di base è che Netanyahu continuerà a essere primo ministro per i prossimi 18 mesi e Gantz assumerà la carica per i 18 mesi successivi. Gantz, che lascerà il posto dove è stato appena eletto e prenderà la difesa o gli esteri, avrà inoltre diritto di veto sul prossimo speaker della Knesset nonché una ripartizione al 50% dei ministeri; questo però, secondo il Jerusalem Post, sta rischiando di creare un esecutivo “monstre” di 34 ministri, in maniera tale da accontentare tutti, ma che poco si addice a un governo che nasce per agire concretamente sul virus (e sulle conseguenze sociali ed economiche).

Un governo dove sembra saranno presenti, per rafforzare proprio questa idea di unità, anche Amir Peretz, guida del partito Laburista, che dovrebbe diventare ministro dell'economia e dell'industria, e uno degli ex leader delle proteste del 2011 e attuale parlamentare laburista Itzik Shmuli, che dovrebbe avere il ministero del lavoro.

La coalizione che sosterrà questo governo dovrebbe esser composta da Likud (36 seggi), Israel Resilience Party (15 seggi, componente fuoriuscita da Blu e Bianco), Shas (9 seggi, partito religioso che rappresenta gli ebrei con origini nel mondo musulmano), Giudaismo Unito nella Torah (7 seggi, ultra ortodossi di destra), Yamina (6 seggi, destra/estrema destra). Non è invece chiaro se i Laburisti, che come detto dovrebbero avere dei ministri, sosterranno attivamente o semplicemente daranno quello che viene chiamato un appoggio esterno.

A capo, ancora una volta, ci sarà colui che più a lungo di tutti ha svolto il ruolo di primo ministro dello stato di Israele (ormai più di 14 anni), ossia il Re, Benjamin “Bibi” Netanyahu.

Filippo Petrucci
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