Nato a Cisterna di Latina il 18 dicembre 1954, Cesare Battisti, arrestato nella notte in Bolivia dopo essersi reso latitante nel dicembre scorso, in Italia è stato condannato per 4 omicidi.

La sua "carriera" inizia quando, ancora giovanissimo, viene messo in carcere per reati comuni poi negli anni Settanta arriva l'ingresso nei Pac: i Proletari armati per il comunismo, un gruppo terrorista specializzato in rapine nelle vesti di "espropri proletari".

Finisce in manette a Milano nel 1979, ed evade dall'istituto di Frosinone due anni dopo.

La condanna definitiva per gli omicidi lo vede accusato di esserne l'autore materiale, ma lui si è sempre proclamato innocente. A perdere la vita erano stati la guardia carceraria Andrea Santoro a Udine, il gioielliere Pierluigi Torregiani a Milano (suo figlio Alberto, all'epoca 15enne, era rimasto paralizzato), il macellaio Lino Sabbadin a Mestre, e Andrea Campagna, poliziotto, ucciso a Milano.

Fuggito in Francia, dove resta quasi un anno e dove conosce sua moglie, raggiunge prima il Messico poi torna nel Paese transalpino nel 1990. Lì vige la regola inserita nella "dottrina Mitterrand" secondo la quale i militanti politici di estrema sinistra che rinunciano alla lotta armata non vengono estradati.

Quindi vive a Parigi e scrive libri. Nel 2004 il nuovo presidente francese Jacques Chirac cambia rotta e dà il via libera all'estradizione di Battisti. Ma lui scompare di nuovo e va in Brasile con una falsa identità.

Tre anni dopo viene arrestato a Rio de Janeiro e incarcerato a Brasilia per quattro anni. "Preferisco morire qui piuttosto che tornare in Italia", dice.

Il nostro Paese rilancia la richiesta di estradizione ma nel 2009 il governo Lula gli concede asilo politico e conferma poi che non concederà il trasferimento.

Liberato nel 2011, Battisti gode di un permesso di residenza permanente fino a quando nel 2015 un giudice federale ordina la sua espulsione in Messico o in Francia. Arrestato di nuovo, poi scarcerato, poi di nuovo in manette nel 2017 con l'accusa di voler lasciare il Brasile per andare in Bolivia, gli vengono imposte le misure restrittive dell'obbligo di firma e del braccialetto elettronico. Ma il tutto viene in seguito annullato.

Continua a vivere vicino a San Paolo ma la sua quotidianità si incrina quando si insedia il nuovo presidente, Jair Bolsonaro, che già nel corso della campagna elettorale aveva anticipato l'estradizione. L'arresto viene ordinato il 14 dicembre 2018 e l'ex terrorista si dà alla macchia. Fino al blitz avvenuto nella notte in Bolivia, concluso con il fermo.

(Unioneonline/s.s.)
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