Il pm Gabriele Paci ha chiesto l'ergastolo per Matteo Messina Denaro, il superlatitante di Cosa Nostra, boss del mandamento di Castelvetrano, accusato di essere uno dei mandanti degli attentati di Capaci e Via D'Amelio, costati la vita a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e agli uomini e alle donne delle loro scorte, tra cui la poliziotta sarda Emanuela Loi.

Il processo si celebra davanti alla Corte d'Assise di Caltanissetta: otto udienze senza l'imputato, irreperibile da quasi 30 anni.

Nel corso della sua requisitoria, Paci ha ricostruito le responsabilità di Messina Denaro nell'organizzazione delle due stragi.

"Matteo Messina Denaro è il reggente di Cosa Nostra trapanese quanto meno dal 1991", ha detto il pubblico ministero. "Matteo Messina Denaro - ha aggiunto - è un mafioso che ha rinunciato a qualsiasi spazio di autonomia per fare carriera in Cosa Nostra e Totò Riina lo nominò reggente della provincia di Trapani".

Ancora: "Quando nel 1991 comincia la guerra di mafia Paolo Borsellino opera nel trapanese, nel territorio gestito da Matteo Messina Denaro. Abbiamo ripercorso quegli anni maledetti. Totò Riina, per iniziare la stagione stragista dovette veramente convincere i rappresentati provinciali della bontà del suo progetto, riuscire a costruire il consenso. Non è sostenibile che Totò Riina avrebbe comunque intrapreso a prescindere quella strada senza avere il consenso di Cosa Nostra, perché se ci fosse stato il dissenso di una

delle province ci sarebbe stata una guerra. La storia di quegli anni non sarebbe stata la stessa".

Dunque, ha concluso Paci, "Messina Denaro non può aver prestato consenso con riserva. Fu lui più di tutti l'uomo che aiutò Riina a stroncare sul nascere le voci del dissenso interno".

(Unioneonline/l.f.)
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