“Viviamo una situazione surreale, sembra di stare in un film”.

A parlare è Daniela Cappelletti, da Castelgerundo, uno dei Comuni del Lodigiano della cosiddetta Zona Rossa, in isolamento da una settimana per l’allarme Coronavirus.

Daniela, casalinga, ha anche creato una pagina Facebook, chiamata proprio “La Zona Rossa”, per cercare di far circolare informazioni utili ai residenti dei territori messi in quarantena fino a nuovo ordine.

Ed è proprio lei a raccontare a L’Unione Sarda.it come si vive al centro del primo focolaio italiano di Covid-19.

“Sono giorni difficili e, purtroppo, non vediamo ancora la fine”.

Siete costretti a stare in casa?

“No. Sfatiamo questa specie di leggenda. Quelli come noi che vivono nella cosiddetta zona rossa possono uscire di casa, girare per il loro paese e in quelli limitrofi. Ciò che non possiamo fare è uscire dall’area di isolamento individuata dalle autorità”.

L’esercito presidia le strade?

“Anche qui, chiariamo: non ci sono i soldati per le strade, bensì checkpoint sulle principali direttrici in uscita dalla zona rossa. Ripeto: non possiamo allontanarci. Se lo facciamo, ci riportano indietro e ci sono anche conseguenze legali”.

È tutto chiuso?

“Sì. Tutto chiuso. Scuole, uffici, bar, ristoranti”.

Dove fate la spesa?

“Ci sono alcuni supermercati nella zona aperti e che vengono riforniti puntualmente. E poi possono aprire i panifici”.

C’è ressa tra gli scaffali?

“Nei primi giorni c’è stato un vero e proprio assalto, qui come altrove del resto. Ora la situazione si è stabilizzata”.

Com’è la vostra giornata?

“Ci alziamo, facciamo colazione, portiamo i cani a passeggio. Qualche lavoro in casa, i mestieri. Ma le ore non passano facilmente”.

Strade deserte?

“All’inizio sì. Ora, paradossalmente, no. Certo, tutte le serrande sono abbassate. Ma, visto che la gente è costretta a restare in zona, in paese si gira e si chiacchiera di più”.

Avete paura?

“Paura no. Ma sicuramente viviamo una condizione di forte stress. Le nostre vite sono state sconvolte da un giorno all’altro. Prenda mio marito. Lavora a Monza. Ogni giorno era abituato a uscire e a fare 80 chilometri. A fare il suo turno di lavoro e poi a tornare. All’improvviso la routine è cambiata radicalmente. Dobbiamo (ride) sopportarci tutto il giorno. Scherzi a parte, se la situazione si protrarrà ci saranno inevitabili contraccolpi”.

Cosa intende?

“Noi all’inizio eravamo choccati. Eravamo in salotto, a guardarci in faccia. Non avevo neanche voglia di fare da mangiare. Poi, giocoforza, ci siamo abituati. Ora abbiamo trovato una sorta di equilibrio. Ma è innegabile che non sia una situazione facile. Affatto. E sento in giro di persone che non ne possono più. Che vorrebbero andare, fare. Invece si trovano bloccati. Quasi come in carcere. Dunque sono prevedibili crolli”.

Come si potrebbe evitare?

“Credo che chi di dovere debba iniziare a pensare di fornire anche aiuto psicologico ai residenti della zona rossa, soprattutto se la situazione andrà per le lunghe”.

Daniela Cappelletti (foto concessa)
Daniela Cappelletti (foto concessa)
Daniela Cappelletti (foto concessa)

Altri appelli dalla zona rossa?

“Sì. Trovare un modo per farci avere più informazioni. Spesso infatti siamo gli ultimi a sapere gli sviluppi, quando sarebbe sensato che fossimo tra i primi. Pensi che nei primi giorni molta gente contattava me per sapere come comportarsi, solo perché sapevano che gestisco il gruppo Facebook 'Sei di Castelgerundo se…'".

E poi?

“Poi hanno finalmente attivato un numero in Comune. Ma so che la stessa amministrazione dipende da ciò che decidono o comunicano le autorità superiori. Insomma, è auspicabile una migliore circolazione delle informazioni. Anche per questo ho creato la pagina Fb ‘La zona rossa’".

Daniela Cappelletti, in un video postato sulla pagina Fb "La zona rossa"
Daniela Cappelletti, in un video postato sulla pagina Fb "La zona rossa"
Daniela Cappelletti, in un video postato sulla pagina Fb "La zona rossa"

Cosa pensa della narrazione dell’epidemia in Italia?

“Penso che, almeno all’inizio, si sia fatto un po’ troppo terrorismo psicologico. Questo genera paura e la paura genera inevitabilmente il caos”.

Secondo lei si è esagerato?

“Diciamo che spesso e volentieri, soprattutto all’inizio, si è perso di vista il rischio maggiore rappresentato dal diffondersi di questo virus. Ovvero che l’epidemia deve essere contrastata per evitare che vengano a mancare i posti letto in rianimazione per i casi più gravi. Che, è bene ricordarlo, sono la minima parte”.

Ora la situazione è migliorata?

“In certi casi sì, in altri no. Guardi, anche noi all’inizio eravamo destabilizzati. Poi abbiamo realizzato cosa stava accadendo, abbiamo capito i reali rischi e quelli invece esagerati. Adesso sta prevalendo lo spirito di adattamento. A spaventarci, come ho detto, è che la situazione di clausura si protragga. Ma i rischi sono quelli che sono ed è giusto non creare inutili allarmismi. È controproducente. E ve lo dice una che abita a due passi dal primo focolaio italiano...".
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