La corte d'appello di Palermo ha confermato l'assoluzione dell'ex ministro Calogero Mannino nell'ambito del processo di secondo grado sulla trattativa tra Stato e mafia.

La sentenza è stata emessa dopo cinque ore di Camera di consiglio.

L'accusa aveva chiesto la pena a nove anni di carcere. Mannino, accusato di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato, non ha assistito alla sentenza ma ha atteso dalla sua abitazione la telefonata del suo legale, l'avvocato Marcello Montalbano.

"Sono soddisfatto - il commento di Marcello Montalbano, uno dei legali di Mannino - è il coronamento di una attività difensiva che ha rafforzato la sentenza di primo grado che era stata criticata dal pg".

"Sicuramente le motivazioni di questa - ha aggiunto - certificheranno in modo ormai definitivo e inattaccabile l'assoluta estraneità di Mannino da questa ipotesi accusatoria".

"Mannino si è sempre difeso - ha quindi specificato - dicendo 'A me non interessa se una

trattativa c'è stata, io certamente non sono colpevole di questi fatti che mi vengono addebitati'. Lo ha detto fin dal primo momento nell'interrogatorio, sia in primo grado che in appello. Oggil l'ho sentito, era emozionatissimo e soddisfatto".

I PRECEDENTI - Mannino aveva scelto di essere processato in abbreviato. La sua posizione era stata separata da quella dei coimputati, gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni, l'ex senatore di Fi Marcello Dell'Utri, i boss Leoluca Bagarella e Antonino Cinà e Massimo Ciancimino. Tutti condannati a pene pesantissime dalla corte d'assise di Palermo, e che sono attualmente sotto processo in appello.

L'assoluzione di primo grado per Mannino era arrivata, dopo oltre un anno dall'inizio del processo davanti al gup Marina Petruzzella, il 4 novembre del 2015. Le motivazioni sono poi state depositate il 31 ottobre del 2016. Mannino era accusato di avere dato input ai contatti tra i carabinieri del Ros e Cosa nostra negli anni delle stragi mafiose. Secondo l'accusa, temendo per la propria vita dopo la decisione del boss Totò Riina di vendicarsi dei politici che non avevano mantenuto le promesse fatte, Mannino sarebbe stato il "motore" della cosiddetta trattativa Stato-mafia.

(Unioneonline/v.l.)
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