La madre di Gianluca Monni, Rita Gaddeo, è stata accompagnata in lacrime fuori dall'aula dall'avvocato Margherita Baragliu, i parenti di Stefano Masala ancora una volta hanno chiesto di sapere dove si trova il corpo del loro caro e Alberto Cubeddu, che ha assistito in silenzio alla lettura della sentenza che per lui conferma l'ergastolo, si ritiene vittima di un infernale meccanismo giudiziario.

Davanti ai giudici della Corte d'Assise d'Appello di Sassari, sono state queste le reazioni all'atto conclusivo del processo di secondo grado per gli omicidi di Orune e Nule, fatti che risalgono al maggio del 2015.

È stata dunque confermata la piena responsabilità di Alberto Cubeddu, cugino di Paolo Enrico Pinna, anche lui condannato (vent'anni di carcere, sentenza passata in giudicato) per l'uccisione dello studente di Orune, Gianluca Monni, e del giovane nulese Stefano Masala, sparito nel nulla la sera del sette maggio 2015.

La Corte ha ritenuto fondate le richieste della Procura generale e dei legali delle parti civili, gli avvocati Margherita Baragliu, Antonello Cao, Rinaldo Lai, Caterina Zoroddu e Angelo Magliocchetti. I difensori di Alberto Cubeddu, i penalisti Patrizio Rovelli e Mattia Doneddu, considerano invece il giovane ozierese di 24 anni la terza vittima della vicenda. Secondo i legali, che porteranno sicuramente il caso in Cassazione, è stata cercata a tutti i costi la responsabilità di Cubeddu, soprattutto attraverso l'utilizzo forzato delle dichiarazioni del super testimone Alessandro Taras. Per i parenti di Cubeddu chi deve parlare e dire tutto sul duplice delitto è Paolo Enrico Pinna.
© Riproduzione riservata