E' tutta una questione di soldi. Molti, sconfinati denari, lautamente incassati per far finire sottoterra migliaia e migliaia di tonnellate di rifiuti che sbarcano nel suolo sardo da mezza Italia. Un traffico incessante di ogni genere di sostanza inquinante che solca il mare, una volta da Civitavecchia un'altra da Livorno, una volta da Napoli e adesso anche da Salerno. Meta prestabilita l'Isola di Sardegna, una volta il nord a Cala Saccaia, porto industriale di Olbia, e ora, sempre più spesso, nel porto commerciale di Cagliari, molo Sabaudo. Destinazione discariche sarde, le più disponibili, quelle che pur di ricevere compensi milionari sono pronte ad aprire cancelli e buchi pur di non farsi sfuggire il business dei rifiuti.

Il mercato dei fanghi

Quello che sta emergendo è un mercato iperattivo su sostanze pericolose e non, rifiuti speciali e di origine incerta che raggiungono la Sardegna con un lascia passare che nessuno ha mai dato. I camion che scorrono lungo le strade sarde sono una vera e propria colonna marciante, un sottobosco incontrollabile che si sta impadronendo di affari con molti zeri e pochi controlli. I documenti secretati dei processi, per adesso tutti amministrativi, con qualche eccezione penale, vedasi Magomadas, stanno portando alla luce una guerra senza precedenti. Da una parte le istituzioni, dalla Regione sarda alla provincia di Sassari, dall'altra i commercianti di rifiuti. Una guerra senza esclusione di colpi, con pletore di avvocati che in punta di diritto e di denaro stanno cercando di far breccia sul muro regionale che vieta nell'isola ogni ingresso di rifiuti provenienti da altre regioni. Sul fronte più avanzato di questa guerra santa per difendere la Sardegna da questa invasione di rifiuti c'è la Provincia di Sassari chiamata a respingere l'assalto milionario dei fanghi fognari della Puglia nella discarica di Scala Erre, quella a due passi da Porto Torres. Un vero e proprio scontro titanico con la Regione che scende in campo con la propria avvocatura a supporto della stessa provincia del nord dell'Isola. In ballo c'è il tentativo di lobby nazionali e regionali di trasformare l'isola dei ginepri e lentischi in una vera e propria cloaca, destinataria dei fetori più pervasivi dei rifiuti extraregionali che, secondo gli atti riservati, sono sbarcati in Sardegna almeno dal 2018 in poi.

Sotterramento

I fatti li ha sintetizzati con estrema chiarezza Antonio Maria Lei, il legale schierato dalla provincia di Sassari, nel processo incardinato al Tar della Sardegna per respingere l'assalto dei rifiuti provenienti dalla Puglia e non solo. «Nel caso di specie - scrive l'avvocato - i rifiuti provenienti da altre regioni e conferiti nella discarica di Scala Erre non sono affatto "destinati al recupero", bensì al loro mero sotterramento nella discarica, in spregio alla finalità perseguita dal Piano Regionale dei Rifiuti di riduzione del conferimento di rifiuti in discarica». La sintesi è racchiusa in una parola: sotterramento. I rifiuti provenienti da Puglia, Lazio, Campania e Toscana stanno riempendo le discariche sarde con il rischio, ormai prossimo, che non ci sia più spazio nemmeno per quelli prodotti in Sardegna. Il pericolo è che proprio i cittadini sardi debbano alla fine esportare i propri rifiuti a peso d'oro fuori dall'isola proprio perché le discariche saranno esaurite, in seguito a questo conferimento dissennato di rifiuti dal resto dello Stivale.

Udienza al Tar

Ieri mattina nella Camera di Consiglio del Tribunale amministrativo regionale della Sardegna è andata in scena l'ennesima udienza sull'affaire rifiuti continentali. Lo scontro è stato durissimo. Regione e Provincia di Sassari hanno messo nero su bianco tutti gli atti possibili per dimostrare che la gestione dei rifiuti in una regione insulare come la Sardegna deve essere pianificata nei minimi dettagli e non si può lasciare al libero arbitrio degli affaristi di turno. Non possono essere - è la tesi dei legali - i mercanti di rifiuti a stabilire come e con cosa riempire ed esaurire le discariche sul territorio regionale. Arringhe circoscritte e puntuali con la consapevolezza che la posta in gioco è altissima: respingere l'assalto dei rifiuti d'oro delle altre regioni oppure diventare una discarica in mezzo al Mediterraneo, dove chiunque si senta autorizzato, in cambio di denaro, molto denaro, a portare nell'isola di tutto e di più. Le toghe regionali e provinciali hanno chiesto di andare direttamente al merito della causa. Il rinvio direttamente alla sostanza della contesa sembrava un fatto scontato visto che le cause di Ecoserdiana e della Riverso, stesso tema e stessi affari, discariche a Serdiana e Carbonia, avevano già subito analoga sorte, con la fissazione dell'udienza sul merito a gennaio 2021.

Il dito della Domus

Ad alzare il dito per opporsi allo slittamento ci ha pensato il legale della Domus srl, una società che si dichiara "intermediaria" del trasferimento in Sardegna dei fanghi fognari pugliesi. La sostanza dell'arringa degli avvocati del braccio sardo della "profumata" melma di Taranto e dintorni è stata esplicita: chiediamo che i provvedimenti di Regione e Provincia di Sassari, che vietano il conferimento dei rifiuti extraregionali, vengano immediatamente sospesi, senza far passare un giorno di più. Il motivo di tanta fretta e tanta perentorietà lo dichiarano gli stessi legali: ogni giorno che passa la Domus srl perde una valanga di soldi e rischia penali da parte dell'acquedotto pugliese. Vogliono continuare a scaricare nei porti sardi una carovana di camion carichi di ogni genere di sostanza, capace di lievitare lungo il percorso, con quantità che aumentano da Bisceglie a Sassari anche di dieci tonnellate. Tutto scritto e documentato negli atti della provincia e non solo. Carte in possesso della Procura della Repubblica del tribunale sassarese. Non vogliono continuare a perdere i denari di quel trasporto di olezzo fognario e ai Giudici amministrativi, nel regale palazzo di piazza del Carmine, lo dicono a chiare lettere. Ci sono in ballo 50.000 tonnellate di fanghi che la Emmegi Ecologica di Bari, gli intermediari pugliesi, devono distribuire di qua e di là. La società sassarese non vuole perdere nemmeno un grammo di quel profumato prodotto. E quantifica il danno che sta maturando: per intermediare i fanghi pugliesi il guadagno dichiarato è di 70 mila euro al mese.

Questione di denaro

Intermediazione d'oro, per la quale i "Domus manager" sono pronti a fare fuoco e fiamme. La richiesta di bloccare i divieti regionali è una minaccia tutta economica. I legali della società d'intermediazione si spingono all'infinito: deve essere riconosciuto il danno curriculare rappresentato dal mancato guadagno conseguente all'impossibilità di utilizzare le referenze derivanti dall'esecuzione del contratto. Come dire: siamo talmente qualificati nel gestire al meglio questo genere di rifiuti che se ci bloccate ci fate un danno a vita con perdite di denaro imponenti. L'arringa della Regione non lascia spazio a sofismi: guardando la ragione sociale della vostra società non risultate nemmeno legittimati a svolgere quel tipo di servizio. I legali della Regione rincarano la dose nel merito amministrativo: «Nessuno dei progetti approvati per rifiuti speciali in provincia di Sassari prevedeva conferimenti di origine extraregionale». Infine i valori in campo, quelli economici e quelli ambientali. L'avvocatura regionale non usa mezze misure per opporsi all'invasione di rifiuti extrainsulari: state pensando solo ai soldi, in questa causa, invece, in discussione c'è l'ambiente, la tutela del paesaggio e la salute pubblica. Oggi i giudici del Tar Sardegna decideranno se i camion carichi di melma pugliese potranno riprendere a scorrazzare ad agosto per le strade dell'isola e continuare a sotterrare in terra sarda quel parfum de fogna.

Mauro Pili

PRIMA PUNTATA
© Riproduzione riservata