Nella giornata di ieri si è consumato, dopo circa due ore a Palazzo Chigi, il vertice di maggioranza sulla manovra. L’applicazione di sanzioni sui Pos verrà posticipata a luglio 2020 in attesa di un accordo sull’abbassamento dei costi delle commissioni delle carte di credito, mentre la stretta sul carcere per i grandi evasori arriverà col decreto fiscale. Sembra resti confermata, invece, la soglia di 2mila euro per i pagamenti in contanti nel biennio 2020-2021 che scenderà a mille nel 2022.

A prevalere, dunque, alla fine della fiera, e con buona pace di Di Maio, sembra essere stata la "linea Conte", il quale prosegue incontrastato la sua strada verso la tanto agognata leadership del centrosinistra. Insomma, cambiano i colori del governo e peggiora, purtroppo, anche la sostanza. E così, ancora una volta, siamo alla solita politica dei mantra, di immediato e indiscutibile effetto mediatico ma di scarso e pregiudizievole contenuto. Al grido di "decisa lotta all’evasione fiscale", di "limitazione all’uso del contante", di "carcere per gli evasori" e di "forte rilancio dell’economia", sia pure non si veda come, il rinnovato governo Conte, ma sarebbe meglio chiamarlo Monti bis, con un clamoroso quanto impopolare ritorno al passato pretende di accreditarsi agli occhi degli italiani come salvatore della patria per aver, ma è tutto da vedere, scongiurato l’aumento dell’iva.

Ma Conte è davvero convinto che le restrizioni all’uso del contante siano funzionali alla lotta all’evasione fiscale oppure la misura serve solo a nascondere l’incapacità, ma sarebbe più corretto dire la mancanza di volontà, dello Stato di affrontare seriamente e risolvere il problema per proteggere i cosiddetti poteri forti, quali le banche, le grandi associazioni, la stessa Ue?

Quest’ultima ipotesi è certamente la più credibile anche se la più amara. Intanto perché limitando l’utilizzo del contante, sia pure gradualmente, si otterrà il solo effetto di contrarre drasticamente i consumi e di colpire mortalmente il ceto medio già drasticamente provato dalle misure anti-evasione introdotte dai governi precedenti e che, all’evidenza, si sono rivelate fallimentari.

Quindi perché se i consumi sono considerati il campanello d’allarme per il fisco sulla cui base avviare controlli a tappeto sulla popolazione che lavora e produce, allora non potrà mai esserci un incremento delle entrate perché nessuno, conseguentemente, avrà interesse a spendere.

Inoltre perché il professore di Diritto privato, divenuto senza sapere né perché né per come presidente del Consiglio dei ministri, non ha pensato alla circostanza che l’ossessione di assicurare la tracciabilità dei pagamenti mediante l’imposizione della moneta elettronica può ben rappresentare una inaccettabile intromissione dello Stato nella sfera personale di ciascuno di noi con evidente violazione della normativa sulla privacy.

Poi perché sebbene le tasse costituiscano un contributo obbligatorio parametrato alla capacità reddituale di ciascun cittadino, o almeno così dovrebbe essere, tuttavia le stesse si trasformano in una sorta di gravissima estorsione legalizzata allorquando si ipotizza, sia pure in forma velata e mediata, la possibilità di essere tassati, mediante l’utilizzo del pos obbligatorio, anche ogni qual volta compiamo una delle azioni più scontate della quotidianità quale pure, ad esempio, quella di gustare un caffè al bar la mattina.

Ancora perché sebbene nessuno neghi che l’Italia sia uno dei Paesi che registrano un tasso di evasione fiscale più alto rispetto agli altri Stati europei, non per questo si possono mettere in atto misure invasive nei confronti dei poveri cittadini già mortificati dai provvedimenti in materia, piuttosto ruvidi, introdotti dal governo Monti, quali l’Anagrafe dei conti correnti e il tanto odiato redditometro che, nelle intenzioni del legislatore, avrebbe dovuto contribuire a determinare sinteticamente il reddito presunto di ciascuno di noi in base alle nostre spese.

Infine perché, in tema di lotta all’evasione fiscale, l’interlocutore "privilegiato", si fa chiaramente per dire, non può sistematicamente essere il piccolo contribuente, già chiamato a rispondere con una percentuale inadeguata del 50% del suo reddito, ma, piuttosto, i grandi evasori, come i mafiosi e i grossi gruppi finanziari. Ma questo i nostri politici tutti sembrano proprio non volerlo comprendere. Molto più comodo indossare i paraocchi e favorire, tra le parti in gioco, quelle che realmente possono incidere sugli equilibri stessi del governo garantendo la sopravvivenza al potere dell’una o dell’altra forza politica in base alla convenienza del momento.

Oggi come oggi, e soprattutto dopo il faccia a faccia di ieri tra Conte, Di Maio e Renzi, pare chiaro a tutti che a dettare le regole del gioco sia proprio il premier senza "dimora" che pur non potendo vantare numeri in Parlamento riesce comunque a imporsi su tutti grazie pure all’accreditamento presso il partito di Zingaretti di cui potrebbe ritrovarsi leader in un prossimo futuro. Non c’è manifestazione in piazza o Leopolda che possa scardinare questo nuovo stato di fatto.

La data dell’8 agosto scorso, con buona pace di Salvini, ha registrato il consolidarsi di un nuovo e inossidabile equilibrio di potere che vede il suo baricentro proprio nella figura del premier, gradito all’Europa, alla Chiesa, e curiosamente al ceto medio basso per la sua propensione a donarsi con disinvoltura all’affetto della folla.

Del resto, quella di federare il centrosinistra è la missione tutt’altro che occulta di "Giuseppi". Missione che potrebbe costare cara al ritrovato centrodestra, clamorosamente in ritardo rispetto alle evoluzioni politiche degli ultimi mesi. Renzi e Salvini hanno avuto la loro occasione ma si sono rivelati totalmente inadeguati a gestire il potere. Ora possono solo stare alla finestra.

Giuseppina Di Salvatore

(avvocato - Nuoro)
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