Qual è la differenza fra un diritto e qualcosa che gli assomiglia, essendo nella sostanza tutt'altro? Legenda: qui si parla di fondamentali, non di accessori.

I diritti con la maiuscola che definiscono l'essenza dell'essere cittadini di questo Stato con la consapevolezza di quale sia la terra che ci sostiene. Il lavoro, l'istruzione, la salute, i trasporti.

Il progetto di legge di iniziativa popolare perché l'insularità trovi posto nella Costituzione ambisce a essere una casa delle buone pratiche della politica, la chiave di volta per guardare il mondo non più da un piano inclinato nel quale a noi è toccata la parte sfortunata, quella su cui non batte mai il sole, ma su un livello di tangibile parità.

L'Unione Sarda, che si prepara a festeggiare un compleanno importante, ha scelto di appoggiare compiutamente questa battaglia che non nasce fra i clangori ma si dipana con un metodo convinto e convincente.

Non c'è un colore di partito: c'è un progetto, per dirla facile, che va oltre una modifica della Costituzione. Persone di buona volontà mettono in circolo pensiero e azione in un combinato disposto di senso etico e realismo: così noi l'abbiamo interpretato e in questa declinazione ci ha convinto. Sarebbe un'ottima occasione perché la classe dirigente dell'Isola a tutti i livelli spostasse la visuale oltre il proprio irrilevante ombelico.

L'approdo nella Carta del concetto di isola passa per la costruzione di una coscienza collettiva regionale e identitaria che rifugga la bonomia folclorica e sia spietatamente sincera con se stessa. Un processo importante quanto il fine ultimo, un viaggio dove l'arrivo alla meta conta quanto tutte le tutte le tappe intermedie.

Un movimento di popolo, non un divertissement elitario, che ha portato decine di migliaia di persone a firmare per la proposta di legge e centinaia di sindaci - oltre due terzi di quelli sardi - ad aderire formalmente.

La cronaca regionale di questi giorni narra disfatte culturali di ampiezza e portata ancora purtroppo non del tutto chiare. E le domande che scaturiscono dai fatti palpitanti di questi mesi afferiscono in modo limpido e diretto alla sfida dell'insularità. Perché i ragazzi sardi sono così clamorosamente indietro nei momenti chiave della conoscenza? Perché il diritto alla mobilità di un cagliaritano, olbiese, oristanese, dev'essere così straordinariamente limitato? Perché, mai come oggi, la salute e l'accesso ordinario alle cure sono subordinate a variabili - geografia, rapporti personali, fortuna - che non dovrebbero sfiorare neanche da lontano un diritto inalienabile? Perché la carta con cui è stampato questo giornale, l'alluminio con cui costruiscono le finestre, l'energia che muove gli impianti, devono essere più costosi in Sardegna che altrove?

La sfida dell'insularità ci interroga sul modo di percepirci e sul concetto di dignità, sulla rimozione degli ostacoli per i cittadini e le imprese, su contropartite che non siano prebende e regalìe per pochi ma compensazioni dovute in una cornice di buonsenso.

Riconoscere la condizione di insularità è indispensabile per colmare il divario e ragionare sui nuovi significati di periferia e centro alla luce del gap digitale, non per presentarci a Roma con un cappello in mano a domandare quattrini (peraltro dovuti).

L'apparato che i componenti del Comitato per l'insularità hanno immaginato prevede uno sforzo pedagogico sull'intera regione, un moltiplicatore di senso che avvicini i sardi - tutti - a una sfida possibile e giusta. Questo giornale farà la sua parte, starne fuori sarebbe stato miope e contro natura. Insulare è bello, purché sia detto con convinzione.

Lorenzo Paolini
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