Come faremmo se fossimo tutti decisivi? Se tutti i tentativi approdassero al successo e ne nascessero delle belle imprese personali? Diventeremmo certamente una terra senza eguali. Capace di offrire tesori eccezionali al mondo. Quel mondo che ci esalta senza badare ai problemi annosi.

È la domanda che mi pongo da quando è salpata la mia avventura in Inghilterra. Tutte le volte in cui l'aereo rulla e la mia vita balla per la gioia di tornare a casa, la domanda si ravviva. Evviva, mi dico. Forse è la volta buona. Sento che la china può essere riconquistata. L'alba inglese è sempre foriera. Specie quando l'aereo decolla con il sud nella rotta. Il destino dell'Isola è ormai giunto al bivio che separa Dubai da Mururoa. O si sbanca nel mondo, oppure si sbarca il lunario.

Cosa manca a una terra bombardata dalla sfortuna per riaversi dall'esilio nel Mediterraneo? Non basta l'archeologia che imperla il paesaggio per sistemare i bilanci? E il corollario di coste non è più sufficiente a mettere le cose a posto con l'economia?

Forse si dovrebbe rivoltare sottosopra l'Isola. Ogni decade una girata. Come le clessidre. A forza d'imprese cumulative, si troverebbe un equilibrio a peso d'oro. Metteremmo pezze al colabrodo, arrestando finalmente l'emorragia di geni, professionisti e giovani a caccia di un futuro.

Questi e altri pensieri si affollano nella mente. Pari al numero di risposte che sovviene all'atterraggio, quando l'ampiezza del paesaggio mette coraggio per la lunga teoria di curve verso la Barbagia.

Fin dal principio dell'impresa, non ero intenzionato a vivere un disterru senza pretese. L'avventura inglese doveva imprimere una traccia. Quando lasciai casa per amore, impiegai delle ore per capire di essermi gettato nel vuoto con un pastrano bucato. Il mio era un caso strano. Ero stato un reduce del bosco. A un certo punto la mia vita, aveva preso una piega puritana. Dopo una piccola carriera nella pubblicità editoriale, decisi che era l'ora di cambiare. Feci quello che molti sardi ripetono da secoli. A memoria. Riempire una sacca e salutare la compagnia.

La differenza mia fu tornare indietro. Ai boschi, alla vita rurale. Tornai alla realtà dei nonni. Infiniti giorni di attese per promesse malpagate. Dopo vani tentativi di fortuna assistita capii, infine, che i secoli trascorsi non avevano cambiato causa. Quel che mi attendeva si trovava oltremare. Andare. Ma dove? Se altrove avessi le prove di una svolta radicale, insisterei per promuovere l'emigrazione. Me ne farei estensore e portavoce. Le ragioni in mio possesso sono di natura quotidiana. A che serve un gran progetto in cantiere se l'appalto non approva i suoi tesori? Invece di innescare la miccia, accendiamo ceri. Oggi come ieri. Non può durare a lungo. A un certo punto occorre rimettersi in marcia. Londra avanza con passi da gigante. One giant leap, dicono quassù. Perciò prosegue l'annoso traffico di sogni umani trafugati come la sabbia dalle spiagge isolane. Certe sere il quartiere londinese dove vivo, sembra la periferia di Pirri. Mentre i poliziotti a cavallo fanno la ronda disarmata che somiglia a una passeggiata di piacere, si fatica a trovare un inglese a piede libero. Tutti spariti. Inghiottiti dall'atmosfera vagamente italiana. Sono i momenti in cui mi sento un apolide tornato a casa. Chiacchiero in sardo con il cameriere del pub; mi saluto con il pizzaiolo, un vecchio amico nuorese ritrovato per caso dal barbiere. Anche lui sardo di Baunei.

Se cadi, fuggi. Talvolta per sempre. Non basta l'equazione. Ci vorrebbe un azzardo; serve davvero una rivoluzione di natura culturale. Cosa accadrebbe se le persone smettessero di essere trattate come casi umani e non fossero gli estranei che la politica tenta di blandire? Allora se ne vedrebbero di belle. L'Europa serve a guarire i nostri mali millenari? Oppure si dovrebbe trarre ispirazione dalla Catalogna? La gogna finirebbe solo con una presa d'atto. Il riscatto parte da ciascuno. Se ogni emigrato piantasse un seme e lo affidasse in adozione, avremmo presto il germoglio di una nazione fiorente. Occorre fissarlo bene in mente. Sogno il giorno in cui la bandiera sarda garrisca nell'esedra di Bruxelles. Doveri e pari diritti. Tutti dritti. Senza eccezioni.

Andrea Mereu

(Operatore culturale a Londra)
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