Dei ricercatori giapponesi ci hanno spiegato, di recente, che spesso gli ingorghi stradali si manifestano per causa umana, per il comportamento indisciplinato di taluno. Basta che in pochi eccedano in velocità o brusche frenate e l'ingorgo si forma: poche auto possono paralizzare un'intera città. Ben vengano, dunque, le nuove auto intelligenti perché le stesse, rispettando il codice della strada, causeranno molti meno ingorghi (e molti meno incidenti), tanto da rendere superflui anche i semafori.

Ingorgo però è un concetto più ampio: include qualsiasi congestione, compreso -se vogliamo- il problema migratorio. In effetti una ricerca dell'Istituto Cattaneo rivela che gli italiani sono il popolo, in Europa, con la percezione maggiormente distorta del fenomeno immigrazione. Esso viene avvertito proprio come un ingorgo, per taluni una vera e propria invasione. Si confondono, anzitutto, gli immigrati (che, nati all'estero, hanno acquisito la cittadinanza italiana) con gli stranieri (che, pur nati in Italia, hanno cittadinanza estera). E si immaginano numeri da capogiro.

Invece gli immigrati, nel nostro Paese, sono relativamente pochi: meno di cinque milioni, cioè meno del 7% della popolazione italiana, a fronte del 9,9% dell'Austria, 8,5% della Francia, 8% della Germania, 11,6% della Svezia. Anche i circa 600.000 irregolari e i migranti ospitati nei centri di accoglienza, circa 160.000, sono (relativamente) pochi, specie a fronte di una sensibile riduzione degli sbarchi, avvenuta nel 2018. Non solo, si pensa che gli immigrati non paghino le tasse ed approfittino (sostanzialmente depredandolo) del nostro Stato sociale. Invece un'altra ricerca autorevole (Fondazione Leone Moressa) ci dice che dal 2010 al 2016 l'Irpef imputabile agli immigrati è aumentata del 13,4%, mentre quella degli italiani è diminuita dell'1,6%. Ci dice anche che nell'ultimo anno i contribuenti nati all'estero che hanno pagato le tasse sono 2,3 milioni, non pochi.

Allora perché questa sindrome dell'ingorgo? Lo abbiamo detto: per un ingorgo non servono migliaia di auto, ne basta una contromano. Il fenomeno migratorio, pur contenuto, è gestito così male da farlo apparire amplificato. Quelle decine di parcheggiatori abusivi, quelle prostitute sul ciglio della strada, quei campi nomadi, lasciati in condizioni disumane, quel visibile degrado superano ogni razionale percezione del fenomeno. E non si può colpevolizzare il cittadino o chiedergli di chiudere gli occhi.

A esso, giustamente, non interessa se a delinquere sono in migliaia: ne basta uno davanti a casa sua. E il problema non si risolve con l'invito alla tolleranza, si risolve con l'arresto del malvivente e con la percezione di uno Stato che funziona. Se invece si consente che in alcuni angoli delle città (basti un giro sulla metro di Roma) gruppetti di ragazzine nomadi ogni santo giorno derubino impunemente turisti e anziani senza che nessuno faccia alcunché non ci possiamo stupire se a Casal Bruciato scendono in strada per impedire agli assegnatari nomadi di entrare nelle case popolari.

Morale? L'inefficienza delle politiche pubbliche determina reazioni, spesso violente, irrazionali e imprevedibili che, una volta diffuse e radicate, sono difficili da rimuovere.

È successo anche in tema di legittima difesa: la crescente insicurezza dei cittadini ci ha portato ad una legge che dice che la difesa, a casa propria, è sempre legittima. Risolto il problema? No, ai reati contro il patrimonio si aggiungeranno (con la diffusione delle armi) quelli contro la persona: quindi meno tutela, più reati. Per di più, tra poco, la magistratura interpreterà l'eccesso di difesa come offesa e saremo punto e a capo. Occorrerà varare una nuova legge sulla legittima offesa.

E allora? Secondo l'indice sull'efficienza della Pubblica amministrazione (PA) dell'Università di Oxford (InCiSE) quella italiana, su 31 Paesi, è al 27esimo posto. Da noi lo Stato, nell'immigrazione come nella sanità, nella giustizia come nell'ordine pubblico, non funziona. Difatti, nella percezione comune, politica e PA costituiscono un cocktail letale.

Non ci avevano pensato i ricercatori giapponesi: da noi l'ingorgo lo fa lo Stato.

ALDO BERLINGUER

DOCENTE, UNIVERSITÀ DI CAGLIARI
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