Oggi doveva essere l'inizio della nuova era. Il primo giorno di un Regno Unito indipendente dall'Europa, un Regno Unito che era riuscito a "riprendere il controllo", come dicevano gli slogan per la Brexit prima del referendum. E invece di controllo ce n'è ben poco, il parlamento e il governo sono ai ferri corti, nessuno sembra aver la più pallida idea di dove andrà a parare la Brexit e la divisione dentro e fuori il palazzo di Westminster cresce.

Dopo quasi tre anni dal voto, questa nazione che si vanta (spesso giustamente) di essere un paese razionale e moderato, è diventato in poco tempo una nave senza nessuno al timone mentre sta compiendo un passo storico il cui impatto sarà sentito per generazioni. Una mia collega, Cheryl, signora inglese sulla cinquantina che ogni giorno si fa due ore di treno perché ama la campagna dell'Essex e non vuole vivere a Londra, ha dato voce al sentimento che percepisco per le strade di questi giorni: "Sto iniziando ad aver paura".

Lascerò ai colleghi delle cronache il compito non invidiabile di spiegarvi le ultime circonvoluzioni politiche. I dettagli cambiano quasi di ora in ora. Ma ci sono tre punti generali che aiutano a capire come si è arrivati a questo punto.

Prima di tutto, mentre poco più della metà degli elettori ha scelto la Brexit (52%), tre quarti dei parlamentari hanno votato per rimanere. Per questo esiste la percezione che il parlamento stia spingendo da parte il volere del popolo.

Molti politici si difenderebbero dicendo che loro votano per il miglior interesse del paese e della loro circoscrizione. In molti casi è vero ma l'idea che i politici stiano scavalcando il popolo rimane.

Secondo, il vero ostacolo per l'accordo di Theresa May, ormai definitivamente ucciso da un terzo voto sfavorevole, è la questione dell'Irlanda del Nord e la paura che una nuova frontiera fra l'Irlanda (paese UE) e Irlanda del nord (parte del Regno Unito) possa riaccendere vecchie tensioni e violenza. Sembra incredibile che la serietà della questione irlandese non abbia veramente fatto parte del dibattito prima del referendum.

Infine, l'Unione Europea è sempre stata una ossessione del partito conservatore. Durante gli anni laburisti di Tony Blair e Gordon Brown non si sentiva mai parlare di una possibile uscita. Appena tornano al potere i conservatori nel 2010 si è riacceso il dibattito. David Cameron promise un referendum convinto di vincere nel 2015 come parte di una coalizione. Invece vinse la maggioranza assoluta e non ebbe scuse per non onorare la promessa elettorale.

Per i tre milioni di europei che abitano nel Regno Unito questi sono giorni bui. C'è insicurezza sullo stato di residenza, e anche chi vive qui da decenni deve far domanda per il cosiddetto "Settled Status". Ma c'è anche un grande senso di delusione. Il Regno Unito accogliente e stabile che li ha attratti in primo luogo sembra essere svanito da un giorno all'altro. Molti europei qui oramai si sentono traditi.

Intanto il caos continua. In pochi seguono i dettagli delle mosse politiche. La confusione si unisce alla noia, e conosco molte persone che spengono la Tv alla parola Brexit. Ma mentre non tutti conoscono la differenza fra mercato unico e unione doganale, tutti hanno capito che oggi doveva essere il primo giorno del Regno Unito fuori dall'Europa, e che invece a due anni e 9 mesi dal voto, Brexit rimane ancora solo una intenzione e non una realtà. Stanno iniziando a chiedersi perché.

I britannici sono dei grandi osservatori delle regole e ne vanno fieri. Lo chiamano fair play nello sport come nella politica. Per questo un secondo referendum, spesso esaltato come una soluzione, potrebbe essere disastroso. Anche molte persone che hanno votato per rimanere nell'Unione hanno comunque ora accettato il risultato. Tornare indietro per cercare di ottenere il risultato "giusto" potrebbe ulteriormente alienare grandi parti dell'elettorato con effetti collaterali imprevisti e dannosi. Un secondo referendum avrebbe più rischi che vantaggi visto che la vera lezione della Brexit fino a ora è come le norme politiche e sociali si possano sgretolare con grande velocità.

Che confusione. Che tristezza. Che delusione. Che paura.

Barbara Serra

(Giornalista, conduttice di Al Jazeera a Londra)
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