"Quanto viene raccontato sulla fine di Esperanza non è vero".

Parole di Dragana Ahmetovic, attraverso il suo nuovo legale Michele Satta, dal carcere di Uta: la 28enne rom verrà interrogata quanto prima dal magistrato che si sta occupando dell'inchiesta sulla morte della bimba sparita nel nulla dopo l'incendio del furgone della sua famiglia, lo scorso 23 dicembre a Giorgino.

La donna e il marito Slako Seferovic sono accusati di omicidio aggravato, occultamento di cadavere, simulazione di reato e incendio.

IL DNA - Intanto gli investigatori hanno prelevato il dna di Ahmetovic probabilmente per metterlo in confronto con quello ritrovato sui reperti recuperati nel sopralluogo lungo la Pedemontana (luogo in cui, secondo una delle ricostruzioni, Seferovic avrebbe bruciato la figlia, già morta come riferito nell'ultimo interrogatorio, per poi gettarne i resti nel Rio Cixerri): tra gli oggetti prelevati dagli agenti della Squadra mobile e dai colleghi della Scientifica, anche un pannolino.

OMERTÀ E BUGIE - Dopo l'arresto della coppia, gli investigatori della terza sezione della Mobile (al comando del dirigente Marco Basile e coordinati dal vice Davide Carboni) hanno ricevuto diverse ricostruzioni, spesso contrastanti.

L'ultima volta Seferovic ha tirato in ballo la moglie: «Quando sono rientrato nel furgone, Esperanza era morta soffocata. Il viso avvolto con una copertina. Era il 4 dicembre». L'uomo si sarebbe poi liberato del corpicino. Ahmetovic - è l'ipotesi degli inquirenti - non avrebbe mai accettato la bimba, nata prematura, avrebbe avuto una crisi depressiva: nei mesi successivi la donna avrebbe avuto un aborto e un parto cesareo. Gli investigatori hanno cercato conferme scontrandosi però con l'omertà dei nuclei familiari della coppia e le troppe bugie raccontate dai genitori e dai parenti. In troppi probabilmente sanno qualcosa ma nessuno parla. Tanto che l'avvocato Daniele Condemi ha rinunciato alla difesa della coppia.

(m. v.)

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