Rimettere in moto il turismo, riaprire gli scali e i collegamenti, rendere attrattive le nostre coste e l'entroterra, uscire dall'incubo della pandemia. Ne parliamo con Giancarlo Dall'Ara, docente di marketing del turismo, fondatore dell'Associazione nazionale degli Alberghi diffusi, presidente dell'Associazione nazionale Piccoli Musei e responsabile del network Chinese Friendly Italy.

Il turismo è uno dei settori che avrà più difficoltà a ripartire, che scenari immagina?

"Al momento si possono ipotizzare due scenari. Il primo, che definisco "in vacanza come a casa", vede una ripartenza del turismo a tappe; con una prima fase verso destinazioni vicine, in auto, alla ricerca di un soggiorno che garantisca tutti gli standard di sicurezza ai quali ci siamo abituati in casa, in queste settimane. L'ipotesi di questo scenario è che ci saranno molte meno persone in viaggio, rispetto al passato, soprattutto nella prima fase. E saranno tre le parole chiave che ne guideranno l'avvio: sicurezza, natura e spazio".

E il secondo?

"Lo definisco "rimbalzo", perché sarà frutto della reazione alla chiusura obbligata, che spingerà le persone, più che a viaggiare, a fuggire. In questo secondo scenario saranno avvantaggiate le destinazioni percepite come familiari, i luoghi dei sentimenti e della memoria. Questo secondo scenario è ancor più del primo collegato alle decisioni governative, che a mio parere dovrebbero fare in modo di regolarlo con una serie di misure a tutela di tutti, turisti, operatori e residenti (accessi limitati, gate di accesso, controlli), come si è visto fare nei primi di aprile in Cina in occasione delle feste di Qingming, cioè delle vacanze per le feste dei defunti".

I due scenari possono convivere?

"Sì, almeno in parte, e il loro auspicato successo potrebbe accelerare il passaggio verso nuovi e più interessanti scenari, stimolando più persone a viaggiare. Per intenderci, gli scenari sono strumenti di lavoro che vanno aggiornati periodicamente e ovviamente dipendono anche da variabili che non sono controllabili dal sistema turistico. In questa fase possono in parte supplire alla mancanza di linee guida nazionali".

Secondo lei come si devono preparare gli alberghi? E le strutture più piccole?

"Il turismo è un sistema, ci si salva tutti assieme. Non si può più pensare di procedere per compartimenti stagni con, da un lato le Istituzioni che fanno la promozione, e dall'altro gli operatori che ridisegnano i servizi e si fanno carico di ristrutturali. La situazione che viviamo è senza precedenti e l'organizzazione del turismo italiano, datata primi anni del '900, va aggiornata e anzi rivoluzionata, se si vuole tornare a competere. Quella distinzione di ruoli ha oggi poco senso: il pubblico deve collaborare col privato per ripensare il sistema di offerta e naturalmente occuparsi in prima persona di nuove progettualità sostenibili, incentivi, defiscalizzazione, contributi. Conosco agenti di viaggio e albergatori in Sardegna che hanno tutte le competenze per affrontare il nuovo, ma non possono essere lasciati da soli. Anche gli Uffici di informazione turistica dovrebbero rivedere la loro missione e collaborare anch'essi coi privati, e in più dare risposte e supporto anche ai residenti, non solo ai turisti. Così pure l'intero sistema dei musei e della cultura dovrebbe diventare soggetto attivo in questa impresa di revisione anche concettuale del viaggiare e del vivere. Il 95% delle imprese turistiche italiane è di piccolissima dimensione, tutte hanno bisogno di vicinanza e di un ruolo nuovo e diverso da parte degli Enti e delle Istituzioni. Solo in questo modo le strutture turistiche e ospitali potranno avere le risorse per adeguarsi alle nuove esigenze dei viaggiatori. Sarebbe un errore continuare a guardare al turismo come se fosse un'industria della quale è possibile provare a rilanciare alcuni comparti, lasciandone indietro altri. Nel turismo siamo tutti collegati, dalle guide turistiche ai ristoratori, e il turismo va considerato per quello che è: un sistema vivente, non una sommatoria di comparti. Ripeto ci si salva tutti assieme, operatori pubblici e privati. Il turismo vale il 13% del Pil nazionale, e dal turismo dipendono complessivamente 4 milioni di posti di lavoro, non possiamo perdere altro tempo".

Parliamo di borghi: sono una scommessa per ricominciare, perché?

"Oggi le sensibilità di chi si appresta a viaggiare sono cambiate, e il tema della sostenibilità è molto più sentito di prima, assieme al bisogno di ambienti naturali, di sicurezza e di luoghi senza ressa. I borghi e i piccoli centri sono la proposta più coerente rispetto a questa domanda. Dunque potrebbe essere davvero l'anno dei borghi, ad alcune condizioni però: nei borghi c'è molto da fare, chi vive nei paesi sa bene che, oltre ai punti di forza, ci sono spesso anche molti punti di debolezza (accessibilità, centri storici con case disabitate, spopolamento, carenza di servizi). Dunque la grande occasione dei borghi, compresi naturalmente quelli sulla costa, non sarà automatica, ma dipenderà da progettualità, strategie, competenze, insomma è necessario un percorso originale di sviluppo che non sia la copia di quanto è stato fatto nelle grandi città e nelle località del turismo dei grandi numeri. A questo proposito mi sembra che a fronte di una consapevolezza diffusa di quali siano i trend in atto che riportano in primo piano i borghi, non vedo altrettanto impegno nel varare nuove progettualità per non perdere le opportunità che si profilano. Forse questo accade perché il tema dei borghi è sempre stato affrontato con un certo snobismo: i borghi sono storicamente stati confinati nel cosiddetto turismo minore, ma una ricerca dell'Associazione Borghi più belli d'Italia relativa al 2018, mostra come in un campione di 260 borghi esaminati i posti letto siano circa 70mila, in circa 7mila attività che hanno sviluppato complessivamente 12 milioni di pernottamenti, il 37% stranieri. Un po' più della presunta marginalità - ha commentato giustamente il presidente Fiorello Primi. Ora, per avere il quadro della situazione e delle opportunità, dobbiamo pensare che in Italia i borghi sono circa 20mila. Ecco perché io penso che sia necessario varare un grande progetto nazionale di lancio dei borghi italiani. Non penso alla solita "campagna di comunicazione" penso piuttosto a interventi non più rinviabili sul "prodotto" e sulla qualità della vita".

La Sardegna ovviamente avrà problemi ancora più grandi rispetto ad altre regioni, come potrà risollevarsi?

"Io credo che la ripartenza avverrà a tappe. Al momento nessuno può dire quanto potrà durare la prima fase che evidentemente è collegata alla situazione sanitaria ed economica del paese, ma se si troveranno le soluzioni in tempi ragionevoli, la seconda fase che vedrà arrivare anche i nuovi pionieri del turismo internazionale, premierà mete come la Sardegna se si sapranno attrezzare e se sapranno davvero fare rete, perché in questo modo potranno offrire tutto quello che loro si aspettano di trovare. Lavoro con paesi come il Giappone e la Cina, e ho relazioni con diversi paesi europei dove sto esportando il modello dell'Albergo diffuso, mi sembra proprio che la Sardegna sia nei pensieri e nei progetti di una domanda nazionale ed internazionale che è molto coerente con le aspettative degli operatori sardi. Certo bisognerà investire molto anche in innovazione perché la crisi ha dato una forte spinta in quella direzione".
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