Anche la Coldiretti scende in campo contro la decisione delle Sezioni Unite della Cassazione sulla cannabis light.

I giudici, in una sentenza emessa a fine maggio sui limiti della legge 242 del 2016, a seguito della quale sono nati in tutta Italia migliaia di cannabis shop, e di cui oggi sono uscite le motivazioni, hanno stabilito che si applica la legge sulle droghe in caso di vendita al pubblico di prodotti derivanti dalla cannabis light anche se l'olio, le inflorescenze e la resina presentano un Thc sotto lo 0,6%.

Quel che occorre verificare, infatti, non è la percentuale di principio attivo, ma l'idoneità "in concreto" a produrre un "effetto drogante".

"La commercializzazione al pubblico della cannabis sativa light - scrivono le Sezioni Unite - e in particolare di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione di tale varietà di canapa, non rientra nell'ambito di applicabilità della legge 242 del 2016", sulla filiera della canapa, "che qualifica come lecita unicamente l'attività di coltivazione delle varietà ammesse" ed "elenca tassativamente i derivati che possono essere commercializzati", pertanto tutte le altre condotte rientrano nelle ipotesi punite dalla legge sulle droghe, "anche a fronte di un contenuto di thc inferiore ai valori indicati dalla legge 242", che fissa il limite, appunto, dello 0,6%, "salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa".

Secondo Coldiretti, però, è necessario un intervento definitivo sulla cannabis per tutelare i cittadini, in primis, ma anche per non compromettere le opportunità di sviluppo di un settore dove hanno già investito centinaia di aziende agricole.

I terreni coltivati in cinque anni a cannabis, ricorda la Coldiretti, sono aumentati di dieci volte, passando dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4000 stimati per il 2018; e questo in tutte le regioni, anche in Sardegna.

Va precisato però che la stessa Cassazione ha offerto una sorta di "salvacondotto" per chi, approfittando di una normativa non troppo chiara, ha aperto i cannabis shop (nel 2018 ne sono stati registrati venti in Sardegna) e ora rischia guai.

In calce alla sentenza sulla cannabis light, le Sezioni Unite rilevano che sull'argomento ci sono state "asimmetrie interpretative" e queste possono sortire "una ricaduta sull'elemento conoscitivo del dolo del soggetto, rispetto alla commercializzazione dei derivati della cannabis sativa light". Al giudizio "sulla inevitabilità dell'errore sul divieto", cui consegue "l'esclusione della colpevolezza", si deve tenere conto di criteri oggettivi, "quali l'assoluta oscurità del testo legislativo" o "l'atteggiamento interpretativo degli organi giudiziari".

(Unioneonline/D)
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