"La vertenza sul latte ovino richiede una rinnovata attenzione da parte delle Istituzioni".

È l'appello di Copagri Sardegna a seguito dell'ultimo incontro svoltosi il 31 maggio alla Prefettura di Sassari, un tavolo che secondo l'organizzazione professionale agricola è "improprio".

"Al ministero si è chiesto - osserva Ignazio Cirronis, presidente regionale di Copagri Sardegna - di ricostituire il Tavolo ministeriale di Filiera Ovicaprina; abbiamo preso atto in termini positivi dell'impegno in tal senso formalmente assunto da parte del capo di gabinetto del ministro Centinaio. È urgente però che il nuovo assessore Murgia riconvochi il Tavolo regionale di cui fanno parte tutte le componenti interessate alla filiera, considerato anche che la Regione ha competenza primaria in agricoltura e che la Regione ha un ruolo non secondario nella ricerca di una soluzione alla crisi".

"Non ci siamo comunque sottratti alla richiesta di avanzare proposte in merito all'attuazione del Decreto-Legge sulle emergenze agricole, recentemente convertito in legge, che contiene misure di un certo interesse rivolte al comparto ovicaprino – prosegue Pietro Tandeddu, direttore regionale di Copagri nonché responsabile nazionale del comparto ovicaprino – Nel merito, si è espressa piena soddisfazione per aver sancito finalmente l'obbligo per gli acquirenti di comunicazione mensile dei litri di latte entrati negli stabilimenti, chiedendo che l'articolo interessato sia rapidamente ed integralmente attuato, respingendo ogni tentativo di 'indebolimento'. Relativamente ai 10 milioni indirizzati alla filiera, prevedendosi troppe linee di intervento che rischiano di disperdere in troppi rivoli le risorse, si è suggerito di concentrarle verso il finanziamento di un 'contratto di filiera' riservato alla cooperazione atto a favorire gli investimenti diretti alla diversificazione produttiva, accompagnando l'intervento con una misura premiante in regime de minimis". "Utile – prosegue ancora Tandeddu - sarebbe un'azione di ricerca nel campo della selezione genetica volta al miglioramento della qualità del latte in termini di resa e nel campo della destagionalizzazione della produzione. Infine si è data indicazione di garantire la copertura totale, per il 2019, degli interessi gravanti sui mutui contratti dagli allevatori; di avviare rapidamente il ritiro del pecorino romano da destinare agli indigenti acquisendolo dai produttori e non da imprese commerciali speculative; di garantire ad Ismea per la determinazione mensile dei costi di produzione del latte ovicaprino il supporto delle Università che hanno maggiore esperienza in materia, tenendo conto che la legge impedirebbe di pagare il latte al di sotto di questi; di concertare le azioni di promozione del consumo dei prodotti lattiero-caseari ovicaprini tra Stato e Regione".

LE PROPOSTE - Copagri ha avanzato precise proposte sia riguardo la modifica del disciplinare del pecorino romano, sia relativamente alle modifiche da apportare allo statuto del consorzio e più recentemente con riguardo a nuovo piano triennale di autoregolamentazione del pecorino romano.

Con riferimento allo statuto del consorzio, "come Copagri – rileva Ignazio Cirronis - abbiamo proposto una consistente diminuzione della quota di ingresso per gli allevatori singoli, un'attribuzione più marcata, fino al 24% dei voti spettanti alla categoria dei pastori, suscettibile di ulteriore incremento, un'attribuzione omogenea del voto tra pastori, trasformatori e stagionatori attribuendo ai pastori 1 voto per ogni 10.000 litri di latte e, conseguentemente, 1 voto a trasformatori e stagionatori per ogni 17 ql. di romano prodotto o stagionato che è la produzione derivante da 10.000 litri secondo la resa media.

Per quanto attiene al disciplinare, va stabilito che, accanto all'attuale tipologia da grattugia, vada codificato un pecorino 'da tavola' a basso contenuto di sale (massimo 3%) distinguendolo poi, con appositi bollini di garanzia, secondo due periodi di stagionatura (5-12 mesi e 12-24). Il pecorino romano dovrà inoltre essere ottenuto esclusivamente da latte di pecore di razza sarda o da razze autoctone del Lazio e della Provincia di Grosseto".

L'OFFERTA - Sulla proposta di nuovo piano di autoregolamentazione dell'offerta recentemente avanzata dal consorzio di tutela, Pietro Tandeddu, dopo aver rimarcato che causa primaria della crisi è la sovrapproduzione di pecorino romano, dai cui destini deriva purtroppo il prezzo del latte, dichiara che è inaccettabile fissare un tetto produttivo superiore alle reali capacità di assorbimento da parte del mercato che, dai dati del 2018, risulta essere di 210.000 ql. di pecorino in pasta. Né, tantomeno, si possono prevedere deroghe sulla contribuzione aggiuntiva, quanto meno incrementata rispetto ai risibili 16 cent./ Kg del piano precedente.

Secondo Copagri la diversificazione o il miglioramento qualitativo vanno favoriti con altri strumenti, statali o regionali che siano. Non è ammissibile che, ai fini della determinazione del tetto si prendano a riferimento le ultime tre campagne produttive, due delle quali hanno registrato consistenti sforamenti rispetto alle indicazioni del piano precedente.

LE QUOTE - Con riferimento alle quote, secondo Copagri il Governo, confrontandosi eventualmente con l'UE, dovrebbe trovare nuovi strumenti per garantire il rispetto di quelle assegnate come il ritiro delle fascere, e quindi del marchio, al raggiungimento della quota. Con riferimento all'assegnazione, andrebbero invece “determinate, stabilito il tetto produttivo del romano e quindi i litri di latte necessari a raggiungerlo, assegnando agli allevatori inseriti nel sistema di certificazione quote latte in proporzione al quantitativo totale di latte prodotto mediamente nelle ultime tre annate. Il pastore trasferirà la sua quota, tradotta in ql. di romano, al caseificio cui conferisce il latte; l'insieme delle quote dei pastori conferenti formeranno la quota del caseificio che sarà variabile di anno in anno secondo le scelte contrattuali dell'allevatore".

(Unioneonline/v.l.)
© Riproduzione riservata