La guerra del 1914-18 fu la prima definita "mondiale" che coinvolse molti Paesi di diversi continenti. L'Italia entrò nel conflitto il 24 maggio 1915, un anno dopo lo scoppio delle ostilità, con l'obiettivo di liberare le cosiddette terre irredente di Trento e Trieste, per completare il processo risorgimentale culminato con la proclamazione dell'Unità nel 1861. Il 4 novembre del 1918 arrivò per noi la sospirata vittoria, ma a costo di un enorme sacrificio di uomini: gli italiani caduti furono almeno 650 mila.

Anche la Sardegna, seppure geograficamente lontana dal fronte, si ritrovò in prima linea. Questo perché venne mobilitata gran parte della popolazione maschile adulta e fu costituita la Brigata Sassari, la seconda unità dell'Esercito italiano a formazione regionale dopo il corpo degli alpini. Ma militari sardi si ritrovarono a combattere con ogni divisa nelle trincee, nei mari e nei cieli, con i primi piloti della nascente Aeronautica quali il sergente Francesco Tola di Silanus che portò a termine ben 400 missioni.

Ricordare oggi, come ad ogni celebrazione quella guerra, non è un esercizio retorico, ma un riconoscimento della nostra storia che riguarda da vicino ogni famiglia italiana. Soprattutto in questi difficili tempi di pandemia dove tutti, in qualche modo, sono chiamati a responsabilità individuali e solidarietà collettiva per battere il Coronavirus. Per questo - come invoca sempre il presidente Sergio Mattarella - occorre che si ritrovi quello spirito di unità nazionale su cui i nostri nonni misero le fondamenta per vincere la Grande Guerra. La Sardegna non si è mai tirata indietro quando è stato necessario. Come dimostra la storia di quel tremendo conflitto. Pesantissimo fu il tributo di sangue che pagò l'Isola. Di recente quel numero di 13.605 caduti, fissato nell'Albo d'Oro ufficiale del 1938, è stato rivisto dalle ricerche dello storico di Tempio Guido Rombi che, da un ventennio, lavora alla realizzazione di un data-base aggiornato sul web a disposizione di ogni cittadino.

L'isola conta, purtroppo, il numero maggiore di caduti rispetto alla popolazione della regione che all'epoca era di appena 870 mila abitanti: partirono oltre centomila uomini, praticamente tutti gli abili alle armi nati tra il 1858 e il 1899, i diciottenni chiamati per l'offensiva decisiva sul Piave dopo il disastro di Caporetto. Ma vennero arruolati anche 334 ragazzi del 1900 e due del 1901 che non avevano ancora l'età maggiore.

Gli elenchi dei caduti non sono freddi numeri: dietro ciascun nome c'è la storia di un soldato, della sua gente, del paese di provenienza, di un'epoca che oggi sembra lontana (oltre un secolo fa), ma che continua a vivere in ogni sardo perché non ci fu neppure una famiglia che non ebbe un padre, un marito o un fratello mandato a combattere nelle trincee. E molti non tornarono.

Il valore degli isolani fu riconosciuto con le citazioni nei Bollettini giornalieri dell'Alto Comando e soprattutto con le onorificenze: 524 le medaglie al valor militare, di cui dieci d'oro, assegnate ai sardi. Non c'è comune sardo che non abbia partecipato con i suoi cittadini alla guerra e che non abbia nel suo cimitero le croci sulle tombe (numerose vuote) che ricordano il sacrificio di uno di loro: 89 paesi contano almeno un decorato, 4 paesi oltre i dieci.

La Grande Guerra per la prima volta fece provare ai sardi il sentimento di patria e l'orgoglio di essere italiani e al resto d'Italia fece ammirare il valore dei "sassarini" e di un intero popolo sino ad allora isolato nella sua isola. Quella storia si trova documentata nei libri, nelle immagini e nei giornali dell'epoca. Anche nelle collezioni della nostra ultra secolare testata. L'Unione Sarda teneva informati i sardi di ciò che accadeva sui fronti del mondo (ovviamente con il filtro della censura e i limiti delle comunicazioni) e faceva sapere ai nostri soldati i fatti dell'isola.

Anche per questo, nel solco della nostra tradizione editoriale e culturale, L'Unione ha pubblicato numerosi supplementi in occasione delle celebrazioni per il Centenario (2015-2018) e oggi si appresta a dare un definitivo contributo con la pubblicazione dell'Albo d'Oro su carta e nel sito. Un'operazione straordinaria per aiutare a costruire quella memoria condivisa per gli italiani di oggi e soprattutto di domani.

Carlo Figari

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TANTE STORIE FANNO LA STORIA - Le case si costruiscono così, solide fondamenta e poi mattone su mattone. L'identità pure, senza schiamazzi e limitando i pleonasmi ma lustrando a lucido, ove possibile, le gambe sulle quali ci reggiamo. Quei giovani nati intorno al 1899 che partirono a frotte - in centomila grossomodo - per il fronte della Grande Guerra, sono ricordati in ogni paese della Sardegna. La corona ai Caduti ogni 4 novembre viene appoggiata alla lapide e lentamente ingiallisce, sorte ineluttabile e distintiva del "memento mori".

L'iniziativa che L'Unione Sarda lancia da oggi, sulla carta e sul web fino ad aprile, ha l'intima ambizione di non appassire mai. Alcuni di noi leggeranno tutti i giorni una pagina dove scorrono centinaia di nomi e biografie minime. Per molti altri scorrerà davanti agli occhi una fetta di storia familiare: il nonno di cui conosciamo solo un'immagine virata in seppia, il trisavolo del quale abbiamo vagamente sentito parlare. Il lavoro condotto per anni dallo storico tempiese Guido Rombi entra nel nostro giornale dalla porta principale e ne diventa un pezzo di pregio: l'albo d'oro di tutti i sardi caduti nel primo conflitto mondiale, paese per paese, città per città, quasi tremila nomi in più di quelli ricompresi nell'elenco ufficiale. La percezione del tempo che viene fuori è vertiginosa, ogni cognome è uno scorcio di passato vivo e fecondo, per discendenza o per il fatto semplice di essere stato - ciascuno a suo modo - testimone e attore della vita di un'Isola. Storie che diventano Storia. La carta del giornale regala una forma di eternità, il web accessibilità universale e la possibilità di condividere integrazioni. Il progetto di pubblicare tutti i nomi dei Caduti vuol essere infatti, e sembra quasi un paradosso, un punto fermo e una ripartenza insieme su un piano a più dimensioni. Ogni sardo potrà aggiungere le informazioni in suo possesso, a partire da un elenco completo e aggiornato. La nostra speranza è che questo accada spesso, si individuino connessioni e si costruiscano ponti. Una comunità, per farla breve (o community, per dirla in gergo 2.0). Solo così le informazioni della memoria condivisa potranno essere non solo un enciclopedico omaggio a chi ha contribuito a costruire la nazione che siamo ma anche un seme di quello che saremo. Perché quei ragazzi del '99, in fondo, siamo noi.

Lorenzo Paolini

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I NOMI SFUGGITI ALL'ALBO D'ORO UFFICIALE - comincia oggi la pubblicazione quotidiana dei nomi dei soldati sardi che hanno perso la vita o sono stati decorati al valor militare durante la prima guerra mondiale. Sono oltre 15 mila nomi perlopiù di giovani soldati, la maggior parte dei quali non sono più tornati a casa. Insieme ai loro nomi, raggruppati per paese di provenienza dal prezioso lavoro dello storico Guido Rombi, celebreremo il ricordo di altri coraggiosi sardi che negli anni successivi alla fine della guerra hanno avuto dei riconoscimenti legati alle loro azioni sul campo di battaglia. Ci sono tutti quelli di cui siamo venuti a conoscenza e altri speriamo si aggiungano grazie alla collaborazione dei lettori nelle cui famiglie si è sicuramente tramandata la storia di qualcuno di questi eroi.

Se notate un'assenza, una dimenticanza o un'omissione dovete solo segnalarcela e colmeremo immediatamente la lacuna. Sono passati 102 anni dalla fine della Grande Guerra, ma quei soldati non devono essere dimenticati. Quasi tutti i paesi della Sardegna hanno eretto una lapide in ricordo dei loro compaesani caduti in guerra ma, fra errori e dimenticanze, il ricordo non era completo. Il lavoro di Guido Rombi propone circa 2000 nomi che non compaiono nell'albo d'oro ufficiale e, con la collaborazione della società editrice del nostro giornale che ci ha creduto fortemente, prende vita un progetto che dà un senso storico alla partecipazione dei soldati sardi alla Grande Guerra.

Bepi Anziani

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LO STUDIO - E così dopo tanti anni di ricerche e fatiche, ma anche di sollecitazioni, di finzioni e silenzi e vane attese, poi di speranze e trepidazioni e ancora di nuove delusioni, alcune mortificanti soprattutto da parte delle istituzioni politiche e amministrative (e, mi spiace dirlo, anche culturali della Sardegna, tra cui quelle che più contano), l'archivio digitale dei Caduti sardi nella Grande guerra, già in altra veste dentro nel web, vede la luce, in forma integrale. Laddove non sono arrivate le Istituzioni e gli Istituti che avrebbero dovuto prima di tutti, perché preposti al bene comune della nostra cultura e della nostra memoria - ecco quindi che è arrivato un giornale, l'"Unione Sarda" per volontà del suo editore Sergio Zuncheddu. Che non solo ha voluto acquisire quello che è il fulcro, il cuore del progetto - gli elenchi dei caduti da ordinare in apposito database - ma finanche ha voluto che avessero dignità di stampa, cosa a cui mai avrei pensato per la complessità degli stessi elenchi, che risentono di molteplici acquisizioni documentali, talvolta anche problematiche. I caduti sardi nella Grande Guerra meritavano sia il database sia il loro nome nel giornale: un ricordo per tutti, quanti al momento censiti. Non vi è quindi ombra di dubbio che sia un assoluto distintivo di merito dell'"Unione Sarda" - pienamente in linea con la sua tradizione di giornale interprete dei più profondi aspetti della storia e identità sarda - aver fatto proprio il progetto. Voglio ringraziare chi ha reso possibile questo approdo, dal compianto Professore e Maestro Manlio Brigaglia per aver primo fra tutti compreso l'audace impresa, poi Davide Brugo, valente informatico di Sassari, che col suo database ha dato in questi anni visibilità ai miei elenchi dei caduti, Carlo Figari, che ha raccolto il testimone di "sponsor" da Manlio Brigaglia e ha caldeggiato Grande Guerra Sardegna come ha potuto e dove ha potuto; Antonello Menne, illustre avvocato sardo, mio caro amico degli anni universitari alla Cattolica e al Pensionato Trezzi di Milano, nostra preziosa scuola di formazione e Bepi Anziani, per la collaborazione saggia e amichevole oltre che benefica sulle mie ansie.

Guido Rombi
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