Ha gli occhi chiusi, lo sguardo rivolto verso tanti pensieri. Il volto imponente, modellato in bronzo, dà potenza all'immagine della scrittrice che Nuoro piano piano riscopre. Grazia Deledda vista dallo scultore Gianfranco Nonne è solenne e monumentale. "Doveva essere un omaggio rispettoso", spiega l'artista, nuorese trapiantato nelle isole Faroe, nel nord Europa. E così appare anche agli occhi dei visitatori della mostra "Il mantello", in corso a Nuoro. "La grandezza di per sé rappresenta la sua grandezza letteraria che sembra emergere dalla terra, cioè la Sardegna con cui la Deledda non ha mai perso il legame". Lui, 62 anni, propone nell'Isola la sua prima mostra e sceglie la città d'origine per un percorso espositivo importante, di forte impronta surrealista, dove il volto della Deledda attrae e domina senza però esaurire il viaggio onirico dell'arte di Nonne. L'approdo di questa scultura in un contesto che sembra quello più ovvio naturale è, in realtà, uno sbarco faticoso. Cinque quintali di peso, il bronzo modellato nella fonderia di Monserrato, prima di giungere a Nuoro la statua della Deledda si è fermata per mesi in un hotel di lusso a San Teodoro, coccolata da titolari e turisti affascinanti dal quel volto tutto concentrato su occhi e pensieri, senza mento né bocca. Nuoro un anno fa non aveva dato ospitalità né supporto economico a un'opera d'impatto artistico e simbolico, degno riconoscimento alla scrittrice premio Nobel nel 1926. La bellezza s'è dovuta inchinare ad altre necessità nonostante il modello dell'opera, esposto in occasione della mostra "Grazia Deledda incontra Dario Fo", curata dall'Istituto superiore regionale etnografico, avesse raccolto vasti consensi. "Parlando a cena con alcuni amici, prendendo spunto dall'anniversario del premio Nobel, ho avuto l'idea di fare un omaggio alla Deledda.

Ho potuto realizzare il progetto ad aprile dello scorso anno", spiega Nonne. "La testa grande vuole riconoscere l'importanza della Deledda: non parla, pensa e crea". Per l'artista la mostra proposta dal 16 al 27 settembre è un ritorno alla grande nella sua città. Qui ha conseguito il diploma all'istituto d'arte, poi trent'anni di lavoro a Milano, a disegnare mobili. Vent'anni fa un'altra svolta: via dall'Italia, sebbene continuasse sempre ad avere un legame stretto con la Sardegna, per andare lontano, a Suduroy, isoletta dell'arcipelago delle Faroe, nell'oceano Atlantico, tra l'Islanda e la Norvegia, con governo che fa capo alla Danimarca. Niente alberi, tanto vento: lì Nonne vive della sua arte. Mostre a Copenaghen, Roma, lavori importanti, ma poche esposizioni. "La scultura è sempre stata la mia passione", ammette lui che il critico d'arte Giorgio Pellegrini definisce "barbaricino di nascita e vichingo d'adozione, salace e capace manipolatore di plastici onirici nonché chiarissimo adepto della gilda affollata e gagliarda dei surrealisti". La ricerca di Nonne è intinta nelle opere e nel pensiero di Dalì, Freud, Breton. "Per surreale - spiega Pellegrini - s'intende un reale super-percepito, tale da trasportare autore e fruitore oltre le maglie della coscienza, sino alle radici stesse, irrazionali, della realtà, affondate nei territori dell'inconscio freudiano e della moltitudine dei suoi simboli". Quel volto della Deledda è per lui, perciò, "supremo surrealismo, d'altissimo livello, quintessenziale e minimalista sino ad essere poeticamente laconico come un drastico canto a tenore".

Bastiano Poggiu, dell'associazione "Cultura delle idee" che organizza la mostra in piazza San Giovanni, porta d'accesso alla Nuoro deleddiana, coglie un parallelismo tra la vicenda umana della scrittrice e quella dell'artista e del suo girovagare tra isole e oltre. "Gianfranco Nonne si forma nello stesso luogo della Deledda, assimila le medesime inclinazioni, si scontra con gli stessi limiti, completa i primi studi per evadere successivamente da quell'ambiente, ritenuto a torto o a ragione asfittico, per vagare in giro per il mondo alla ricerca, forse, di una propria identità, di una propria affermazione e non solo artistica. Quel che si avverte insomma è un fatale parallelismo tra due esperienze separate da un secolo ma solo apparentemente differenti, la conferma di una strana alchimia di amore/odio che le accomuna, nel malcelato desiderio di abbandonare quel borgo irriverente e irrispettoso seppure capace di fornire stimoli e elementi primordiali da plasmare in forme avvincenti e convincenti".

Poggiu ha voluto a tutti i costi portare a Nuoro quell'opera ammirata a San Teodoro. "La posizione del capo, la sua magica inclinazione e quel mento scomparso, mi hanno provocato stupore e ammirazione incondizionata per l'originalità del manufatto ed il suo essere al tempo stesso provocatorio - dice -. Non riuscivo a smettere di pensare a come poter promuovere in modo adeguato un'opera d'arte di grande ingegno e anche a come interpretare quel tripudio di emozioni". La mostra, svolta col patrocinio del comune di Nuoro, recupera degnamente il rapporto sospeso un anno fa, anche se resta il problema della collocazione finale. L'opera "Il mantello" ha bisogno di uno spazio pubblico, meglio se a Nuoro. Ma rispunta il problema che aveva arenato l'esposizione nel 2019. Per recuperare le spese di fusione si affaccia l'ipotesi del crowdfunding. Intanto, fino al 27 settembre, c'è l'occasione di ammirare con gli occhi il volto maestoso della Deledda, assieme ad altre 16 opere in ceramica e un'altra in bronzo: da "Donna colonna" a "Eva", da "Fungo" a "Parto indolore", da "Capelli bianchi" a "Aquila femmina". Un universo sorprendente e accattivante tra arte e pensieri.

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