La Calabria, con i suoi splendori e le sue miserie, a fare da palcoscenico. La malattia, probabilmente inesorabile, ad agire come una vera e propria spada di Damocle. E poi la volontà di non lasciarla comunque vinta al Male, quello frutto di umana malvagità, da scrivere sempre con la M maiuscola. Sono questi alcuni degli ingredienti che rendono allo stesso tempo struggente e coinvolgente il nuovo romanzo di Fausto Vitaliano La mezzaluna di sabbia (Bompiani, 2020, Euro 18, pp. 368. Anche Ebook). Protagonista del libro è Gregorio detto Gori Misticò, maresciallo dei carabinieri rientrato a San Telesforo Jonico, il paesino calabrese dove è cresciuto, dopo anni di servizio nell’antiterrorismo nell’Italia del nord. Misticò si è messo in aspettativa, ha un tumore che incombe e, soprattutto, pare non avere più voglia di combattere per la giustizia come ha fatto per tutta la vita. Vuole solo godersi la tranquillità di giornate senza incombenze e la magia della spiaggia del Pàparo, una mezzaluna di sabbia senza un bar o un filo d’ombra, ma dove ancora nidificano le anatre e il mare scintilla. Poi però il giovane brigadiere Costantino invoca il suo aiuto per un caso di omicidio e Misticò sente di non potersi sottrarre, almeno per un’ultima volta. Ma come mai accetta di rimettersi in gioco? Per senso di giustizia oppure c’è altro? Lo chiediamo a Fausto Vitaliano: "Prima di tutto dobbiamo intenderci su cosa intendiamo per giustizia…".

E come la dobbiamo intendere nel caso di Gori Misticò?

“In passato Misticò era attaccato a un’idea di giustizia assoluta. Ora invece la sua idea di giustizia è più contenuta, più gestibile, meno basata su princìpi e quindi più concreta e attuabile. Misticò non vuole tanto trovare i colpevoli. Non riesce però ad accettare che le cose debbano sempre andare in una certa direzione, senza che si provi a fare nulla per impedirlo”.

Misticò ha solo 48 anni, eppure sembra avere il peso di molti più anni sulle spalle. Come mai questa stanchezza quasi senile?

“Intanto Gori Misticò ha molta vita alle spalle e quando lo conosciamo nel libro ha dovuto lasciare tante sicurezze a cui era oramai abituato. Prima era impegnato nel nucleo antiterrorismo dei Carabinieri e si trova a dover lasciare l’incarico per ragioni che i lettori scopriranno nel corso del libro. Poi arriva la malattia che spazza via molte certezze. Si ritrova quindi a mettere in discussione molto di quello che ha fatto e molte delle cose in cui ha creduto. Si ritrova a chiedersi qual è il suo compito all’interno dello spazio e del tempo che gli è dato da vivere”.

E riesce a darsi una risposta?

“Come molti di noi, quando ci ritroviamo nella tempesta, pensa di non avere un compito nella vita. E invece Misticò trova il modo di dare un senso alle cose, occupandosi della mezzaluna di sabbia che dà il titolo al libro, cioè la spiaggia della sua gioventù che è minacciata da una speculazione edilizia. In quel momento la sua parabola di vita riprende ad avere un significato e Misticò non vuole più combattere la grande criminalità come ha fatto per tutta la vita, gli basta salvare un pezzettino di sabbia. Insomma, non vuole più cambiare il mondo, ma sente di poter aggiustare una piccola ingiustizia, di potere correggere un errore. E sente di dover rendere conto prima di tutto alla propria coscienza, e non alla legge”.

Misticò non ha più fiducia nella legge?

“Più che altro deve fare una scelta tra un’idea astratta di giustizia e la possibilità di evitare del dolore uscendo in qualche modo dalla legalità. Deve confrontarsi con l’uomo che era e l’uomo che è diventato. All’inizio del libro ho messo due frasi di grandi pugili. La prima è di Muhammad Alì che diceva di preparare gli incontri in maniera meticolosa ancora prima di salire sul ring. La seconda è di Mike Tyson che sosteneva che puoi prepararti quanto vuoi, poi arriva un cazzotto in faccia e rischi di andare k.o. Misticò prima seguiva la strada di Muhammad Alì, ora è diventato Tyson. Prima si basava solo sulla teoria, ora ha preso un bel cazzotto in faccia e deve cercare di gestirlo, di non andare al tappeto. Rimane, però, un pugile e sul ring continua a salire nonostante tutto…”.

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