Cinquant'anni fa, il primo giugno del 1970, moriva Giuseppe Ungaretti.

Il più importante e significativo poeta italiano del Novecento aveva 82 anni e un grandissimo amore per la vita, lo stesso amore alla base di tutta la sua opera e di quel "Mi illumino / d'immenso".

I due celebri versi di "Mattina" del 1917 furono scritti nelle trincee del Carso, assieme alla sofferte poesie sulla Grande guerra cui partecipò da soldato semplice, raccolte in "Il porto sepolto", titolo diventato mitico e considerato seme dell'ermetismo, e poi, nel 1919, in "Allegria di naufragi".

Amato per i suoi versi innovativi e profondi, credeva profondamente nella parola poetica, unica possibilità per salvarsi da "l'universale naufragio". Dopo la lunga e intensa unione con la moglie Jeanne, morta nel 1958, negli ultimi anni della sua vita ebbe una relazione con la brasiliana Bruna Bianco, più giovane di 52 anni e, agli amici che un po' lo prendevano in giro, rispondeva sornione: "Non capite perché siete privi di fantasia anche in quello".

"Il taccuino del vecchio" del 1960 è la sua ultima raccolta. Mentre sono tante le edizioni complete della sua opera sino all'uscita, nel 1969, del Meridiano Mondadori, curato da Leone Piccioni, che a oggi ha di gran lunga superato la vendita delle centomila copie, per non dire degli Oscar.

(Unioneonline/D)
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