La settimana di chiusura decisa a scopo preventivo per arginare la diffusione dell'epidemia del Codiv-19 nelle zone a rischio riguarda scuole, esercizi pubblici, palestre, musei e anche cinema e teatri.

Sono dunque stati cancellati 7400 spettacoli per una perdita economica intorno ai 10 milioni di euro, come emerge da una prima stima dell'AGIS, Associazione Generale Italiana dello Spettacolo, che ha richiesto di dichiarare con urgenza lo "stato di crisi" per il settore in una lettera inviata al ministro Franceschini.

Dato il momento di profonda incertezza che stanno vivendo molti lavoratori del settore, abbiamo incontrato per unionesarda.it Emanuela Bizi, segretaria nazionale SLC CGIL e l'attrice Carlotta Viscovo, coordinatrice nazionale della sezione attori di SLC CGIL.

Emanuela, molti lavoratori che hanno visto saltare tournée e repliche si chiedono quali siano i loro diritti in casi come questo. Cosa dice la normativa?

"L'articolo 19 del Contratto Nazionale dei Lavoratori dello Spettacolo (che invito tutti gli interessati a scaricare da internet e a leggere per conoscenza), stabilisce che in caso di "forza maggiore" venga corrisposta ai lavoratori una paga almeno pari alla minima sindacale per il totale di dodici giorni, trascorsi i quali entrambe le parti possono sciogliere il contratto. È specificato però che nel caso la sospensione delle attività venga disposta dal governo stesso, come in questo caso, i primi 5 giorni saranno pagati in regime di minima, dopo invece deve riprendere la normale paga stabilita fino alla fine della scrittura".

Quali sono le criticità che si stanno riscontrando nella pratica?

"È la prima volta che si verifica una situazione simile e le imprese si stanno appellando alla prima parte dell'articolo e non alla seconda, come invece dovrebbero secondo normativa. I sindacati sono pronti a far valere i diritti dei lavoratori e a trovare un dialogo con l'AGIS, pur sempre consci della situazione di profonda crisi finanziaria che colpisce anche le imprese stesse, molte delle quali non riescono oggettivamente a far fronte a tali spese".

Carlotta, quali sono i settori più colpiti?

"Di sicuro tutte le piccole e medie imprese, ma soprattutto il Teatro Ragazzi, perché molte scuole hanno annullato le visite scolastiche nei teatri per diversi mesi e non solo per la settimana di stop stabilita". Emanuela, in che modo si sta muovendo il sindacato per affrontare il problema?

"Innanzi tutto abbiamo subito appoggiato la richiesta di stato di crisi avanzata dall'AGIS, poi domani stesso ci sarà un primo dialogo tra AGIS, ANEC (Associazione Nazionale Esercenti Cinema) e i sindacati per un accordo per avviare ammortizzatori in deroga per i dipendenti dei teatri e delle sale cinematografiche, purtroppo al momento non per artisti e tecnici con contratti a tempo determinato, per i quali dovranno essere trovate delle altre misure straordinarie ad hoc con l'appoggio del governo, il quale speriamo dia presto una risposta concreta alle nostre problematiche".

Carlotta, lei è un'attrice. Com'è l'umore suo e dei suoi colleghi?

"L'umore purtroppo non è buono, siamo preoccupati perché la situazione è molto grave. Molti colleghi che ho sentito sono stupiti e rammaricati perché oltre all'ingente danno economico c'è la delusione di non poter andare in scena. Il nostro lavoro è incontrare il pubblico e l'impossibilità di farlo ci crea un forte dolore". Questa crisi mette in luce una fragilità intrinseca nel settore. Quali sono i punti più critici su cui lavorare a prescindere dal Coronavirus?

Carlotta: "Avremmo bisogno di tutele più adeguate anche per i periodi di fermo, in cui necessitiamo di studiare, formarci, informarci, creare. Non basta parlare di semplice disoccupazione. Inoltre la posizione femminile anche in questo settore è la più svantaggiata, dato che emerge da "Vita di artisti" una ricerca pubblicata dal sindacato nel 2017 dove si sottolinea come non ci sia alcuna tutela per la maternità se questa inizia in un periodo in cui non si è sotto scrittura lavorativa, e gli stipendi femminili sono sempre più bassi di quelli maschili".

Emanuela: "Uno dei grossi problemi è l'atipicità di questo mestiere, che rende le tutele per i lavoratori dell'ambito ancora troppo confuse e poco adeguate. Ma soprattutto c'è poca conoscenza, anche da parte dei lavoratori stessi, delle normative finora conquistate, che spesso non vengono attuate in sede contrattuale dove si accettano condizioni di lavoro che non sarebbero legittime. Invito dunque a trovare maggiore consapevolezza e un miglior dialogo interno, a prescindere dallo stato di crisi attuale".
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