Poche settimane prima dell'otto settembre del 1943, Benito Mussolini, che non è più il Duce acclamato e temuto, trascorre venti giorni da recluso a La Maddalena. Nelle cronache de L'Unione Sarda viene riportato un episodio legato alla presenza nell'Arcipelago dell'illustre prigioniero che firma un autografo su un libro per ragazzi alla figlia del custode della villa che si occupa del lavaggio della sua biancheria: "Su questo libro posseduto dall'ignota che ha ripulito i miei stracci, scrivo il mio grazie e il mio nome. Mussolini defunto".

L'isola dei sardi in quei giorni è dentro la grande storia come dimostra il volume "La Sardegna e la guerra di liberazione" (pubblicato da Franco Angeli) a cura di Daniele Sanna con scritti di Walter Falgio, Francesco Ledda, Giuseppe Manias, Giuseppe Sassu e dello stesso Sanna.

Gli autori della ricerca seguono i destini dei militari sardi tra l'8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945 e si soffermano sul loro contributo alla causa della Resistenza. Lo studio apre nuove prospettive e analizza fatti e personaggi che la precedente storiografia non aveva messo in luce in modo adeguato.

Emergono le figure di Nino Garau, il comandante "Geppe", che guidò nel modenese la brigata "Casalgrandi" e del colonnello Luigi Cano, impegnato nella difesa e poi nella riconquista di Roma occupata dalle truppe di Hitler. Vengono sottratti all'oblio il fatto di sangue di Oniferi, in cui trovano la morte i soldati Pasqualino Pinna di Pozzomaggiore e Aldo Bianchi di Roma, uccisi dai tedeschi in ritirata dall'Isola, e il sacrificio dei 18 militari sardi fucilati dai nazisti a Sutri insieme a un compagno d'armi di origine laziale.

"Il filo rosso - spiega il curatore del volume - che lega l'antifascismo sardo alla Resistenza è testimoniato dall'alto numero di brigate partigiane dedicate a Gramsci, a dimostrare quanto fosse stretto il legame fra il leader comunista di Ales e il Movimento di Liberazione".

Emblematica la biografia del cagliaritano Nino Garau, medaglia di bronzo al valor militare, che continua ad essere, all'età di 96 anni, testimone della lotta partigiana. L'Issasco, l'Istituto sardo per la storia dell'antifascismo e della società contemporanea, ha ribadito nel corso di un recente convegno che si è svolto a Roma, nella Biblioteca del Senato, la richiesta che al comandante "Geppe" venga attribuita la medaglia d'oro o quantomeno d'argento. Istanza formulata per vie ufficiali nella missiva indirizzata al ministro della Difesa Lorenzo Guerini e al sottosegretario Giulio Calvisi. "Pur catturato e torturato - mettono in evidenza i ricercatori dell'Istituto - non rivelò alcun dettaglio sull'organizzazione della lotta partigiana e, una volta fuggito dal carcere di Verona, riuscì a portare a termine la sua attività di combattente sino alla liberazione di Spilamberto e di altri comuni del modenese avvenuta il 23 aprile del 1945".
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