Siamo nell'anno del Signore 1402. Ottone da Mandello è un cavaliere decaduto, inseguito dai fantasmi del suo passato e con poco da chiedere per il presente e ancor meno per il futuro. Forse per questo accetta l'offerta della duchessa di Milano, Caterina Visconti, di indagare sulla morte del marito, il duca Gian Galeazzo. Una morte non solo improvvisa, ma per molti provvidenziale perché ha bloccato l'attacco decisivo contro l'ultima città che stava resistendo all'inarrestabile avanzata del signore di Milano, ormai padrone dell'Italia centro-settentrionale: Firenze.

A un passo dalla meta, i sogni di gloria di Gian Galeazzo Visconti si erano però infranti per una febbre violenta, forse dovuta alla peste oppure al nefasto passaggio di una cometa qualche mese prima, come sussurrano tanti popolani di Milano. O ancora, più prosaicamente, causata da un provvido veleno servito da mano fiorentina oppure veneziana, perché al Visconti non mancavano certo i nemici.

In questo clima di sospetti, l'indagine di Ottone da Mandello si rivela ben presto complicata, gravida di misteri e anche di minacce nemmeno tanto velate, perché nel mondo del potere e della politica nulla è mai quello che sembra. E a ogni risposta che si trova si impongono nuove domande, altri dubbi, altri pericoli.

Giunta al terzo libro, dopo La Vipera e il Diavolo (2013) e Maledetta Serpe (2016), la saga scritta da Luigi Barnaba Frigoli dedicata ai Visconti di Milano e al loro ambizioso sogno di dominio sulla Penisola italiana dimostra ancora di non aver nulla da invidiare quanto a ritmo narrativo, atmosfera e intrighi a serie tv tanto celebrate come I Tudors oppure I Medici. Anzi, Il morso del basilisco (Meravigli edizioni, 2019, pp. 272) apre nuovi scenari a un racconto capace di farci respirare il clima violento e allo stesso tempo vitalissimo che caratterizzava l'Italia del primo Quattrocento; un'Italia divisa in tanti potentati rivali, pronti a tutto per primeggiare o semplicemente per impedire che qualcun altro emergesse.

In questo scenario già tempestoso la scomparsa di Gian Galeazzo Visconti provoca un'improvvisa accelerazione degli eventi. Come racconta a L'Unione Sarda proprio l'autore, Luigi Barnaba Frigoli, quarantenne milanese doc, esperto di Storia medievale: "La morte del duca di Milano, avvenuta all’inizio di settembre del 1402, arriva in un momento particolare della storia della nostra Penisola. In soli quindici anni Gian Galeazzo Visconti era riuscito a far sventolare il vessillo della sua dinastia praticamente su tutta l’Italia centro-settentrionale. Gli mancava solo Firenze, poi probabilmente nessuno avrebbe potuto opporsi al suo desiderio di cingere la corona di re d’Italia. La sua scomparsa butta all’aria un puzzle che sembrava oramai terminato e libera energie nuove che rimettono in discussione tutto quello che il duca aveva costruito e tutte quelle certezze che fino al momento della sua morte sembravano assodate".

Quali energie si liberano con la scomparsa di Gian Galeazzo?

"Tutti quelli che erano stati da lui sconfitti rialzano la testa, vogliono vendetta, riprendersi quello che avevano perduto. Scoppiano ribellioni in tutte le città assoggettate dal Visconti contando anche sul fatto che a reggere le sorti di Milano c'è la vedova, Caterina, mentre i figli del defunto duca, Giovanni Maria e Filippo Maria, sono poco più che bambini".

L'immagine che il suo romanzo restituisce è quella di un'Italia barbarica, dove tutti sono contro tutti, una sorta di nostrano Far West. Fu proprio così?

"Sì, vi fu un'esplosione di violenza, quasi una reazione alla rapidità ed efficacia dell'azione di conquista di Gian Galeazzo, che nel giro di un quindicennio aveva spazzato via tutti i rivali. Morto lui il vaso di Pandora si apre ed è il momento della resa dei conti. Per far capire il clima dell'epoca dobbiamo pensare che davanti alla Basilica di Sant’Ambrogio, uno dei luoghi più sacri per i milanesi, un uomo venne massacrato dalla folla solo perché additato come sostenitore di una delle fazioni in lotta. I tempi erano quelli, alla violenza si rispondeva con una violenza ancora maggiore. Fu così per almeno un quinquennio dopo la morte del duca".

Gian Galeazzo era un uomo spietato, però nei suoi romanzi è anche un personaggio spinto da un sogno ambizioso e lucido: unificare la Penisola sotto un solo sovrano. Fu veramente così?

"Il mio vuole essere un racconto romanzato, ma a fare da sfondo al mio racconto c'é la storia di quegli anni. Gian Galeazzo Visconti fece l'ultimo tentativo concreto di creare un regno d'Italia prima dei Savoia. Poi non ci fu nulla del genere per più di quattro secoli. E nessuno dopo il Visconti ebbe la forza, l'ambizione e forse neanche la possibilità di perseguire un progetto di così ampio respiro".

Nei suoi romanzi spiccano sempre grandi personaggi femminili che aiutano a osservare il passato sotto una luce diversa. Come le protagoniste del Morso del basilisco.

"Prima fra tutte Caterina, che non era solo la consorte del duca, ma anche sua cugina. Era quindi una Visconti al cento per cento e come tante donne della casata era dotata di una personalità forte, era nata per governare al pari del marito. Anche per questo mi sono potuto immaginare che una donna così non potesse tollerare sospetti sulla morte del duca di Milano e avviasse un'indagine affidandola a Ottone da Mandello".

Un'indagine che si infittisce mano a mano che si va in profondità…

"Sì, perché al mistero sulla morte di Gian Galeazzo si aggiungono altri misteri, tra i quali, tornando ai personaggi femminili del romanzo, una guerriera proveniente dalla Francia, una donna misteriosa così come sono misteriose le ragioni che la spingono in Italia e l'obiettivo che deve perseguire".

Il tre è considerato il numero perfetto per eccellenza e lei è arrivato al terzo romanzo sui Visconti. Siamo allora alla fine del suo racconto sui Visconti oppure dobbiamo aspettarci di risalire sulla macchina del tempo?

"L’idea iniziale era di fare una trilogia, però è innegabile che gli anni che seguono la morte di Gian Galeazzo Visconti rappresentino un'età carica di stimoli per uno scrittore. Inoltre, c'è voglia da parte del pubblico di scoprire la storia d'Italia attraverso i romanzi. Insomma, credo non sia ancora arrivato il momento di dire addio ai personaggi di casa Visconti".

La copertina del libro
La copertina del libro
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