Matteo Porru ha diciott’anni, è iscritto al quinto anno al Liceo Classico Dettori di Cagliari, e con il racconto “Talismani ” ha vinto a Venezia il Premio Campiello Giovani. All’annuncio s’è coperto la faccia con le mani incredulo, felice.

Ha vinto con una storia universale che lui stesso definisce "cruda. Racconta i contrasti di un villaggio sperduto in Afghanistan vicino ad una base di Medici senza frontiere".

Quando ha scritto il racconto del Campiello?

"Non molto tempo fa a Cagliari, in Castello con la città davanti: una prospettiva che generalmente entusiasma, a me invece - non so perché - fa un po’ paura. Ho sempre avuto fretta nella vita, e anche la partecipazione al premio l’ho decisa in fretta".

Vista la facilità con cui ha vinto, possiamo dire che tutto sommato la sua è una vita facile?

"Tutt’altro che facile: la mia vita è stata difficile perché ho dovuto combattere da subito con grandi ostacoli. Per molte ragioni è stata una vita incompresa, soprattutto nella fase adolescenziale, perché avevo una visione del mondo distorta, alterata. Il modo in cui era strutturata mi ha causato tanti problemi: incompatibilità con le persone, interazione con i miei coetanei. Ho vissuto una vita di solitudine completa fino a quando non ho trovato il modo di esternare, non necessariamente con gli amici, ma con ciò che avevo intorno, con quello che sentivo. Questa terapia è stata fondamentale per vincere le mie battaglie".

A quali battaglie allude principalmente?

"Ho avuto problemi di salute sin da bambino e questo fatto mi ha costretto a rimanere fermo, inchiodato in una camera d’ospedale per mesi con niente in mano. E io con quel niente, ho cercato di tirare fuori quello che avevo dentro di me. Come disegnatore sono sempre stato una frana, e così ho cominciato a scrivere. È stato il mio modo di combattere il tumore che mi minacciava. Con la scrittura e l’aiuto dei medici sono riuscito a vincerlo".

Francesco Mannoni
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