A volte l'assassino ritorna sul luogo del delitto. Oppure… c'è qualcuno che ha deciso di imitarlo e di compiere nuovi crimini.

È questo il dilemma che frulla per la testa della scrittrice Margot Amati, soprannominata la "ragazza in giallo" per la sua abilità di investigatrice, un talento che l'ha portata più volte ad aiutare la polizia a risolvere casi all'apparenza impossibili.

Nell'ultima fatica letteraria della giornalista e scrittrice Silvana Giacobini, "La schiava bianca" (Cairo editore, 2019, pp. 300), Margot si ritrova però al centro di una vicenda dai contorni veramente misteriosi e ambigui, così misteriosi e ambigui da mettere a dura prova le sua qualità di detective.

Tutto comincia, infatti, con un invito a una festa in maschera in un palazzo nobile di Venezia. La scrittrice scopre di dover indossare un meraviglioso costume del Settecento, un abito usato dieci anni prima dalla giovane Susanna Balbi per il ricevimento del suo diciottesimo compleanno. Qualche tempo dopo la festa, Susanna era stata rapita, per poi morire nell'incendio di un fatiscente palazzo dove era tenuta prigioniera. Un sequestro strano quello di dieci anni prima, all'apparenza improvvisato da dilettanti, come strana era apparsa la morte della giovane e indossare l'abito appartenuto a Susanna fa drizzare istantaneamente le antenne da investigatrice a Margot…che però si trova a dover affrontare tutta una serie di gatte da pelare.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Dopo il ricevimento mascherato, infatti, una scia di delitti insanguina Venezia, delitti all'apparenza scollegati tra loro ma che insospettiscono sempre di più la "ragazza in giallo" fino a portarla all'interno di un intrigo dove odio, amore, denaro e potere sono strettamente legati e dove pietà e perdono non stanno di casa.

Insomma, nel romanzo di Silvana Giacobini gli ingredienti del thriller classico ci sono veramente tutti: il mistero, un delitto insoluto, nuovi crimini all'apparenza inspiegabili e personaggi ambigui che sono allo stesso tempo vittime e carnefici. La schiava bianca trova però una sua spiccata originalità prima di tutto nell'ambientazione veneziana, ben raccontata da una scrittrice capace di restituirci per intero il fascino di una città che pare addormentata in un sonno secolare ed invece si rivela il palcoscenico ideale per un dramma a tinte fosche. Un dramma dove i personaggi appaiono tutti maschere carnevalesche, bonarie e divertite almeno fino a che non rivelano il vero volto dei proprietari.

Seconda freccia all'arco del romanzo è la sensibilità della Giacobini nel delineare i personaggi femminili: personaggi fragili e tenaci allo stesso tempo, capaci di resistere anche all'abuso più odioso e di reagire con coraggio. Infine, il romanzo si fa leggere volentieri perché l'autrice sa ben dosare dramma e leggerezza e non indugia in quelle tinte forti e in quella fascinazione per il male che pare oggi tanto di moda. Così, protagonista del libro non è il classico investigatore piagato e piegato dalla vita, ma una ragazza giovane, solare, che si muove nel mondo senza aver perso fiducia nel genere umano anche se ciò che scopre nelle sue indagini potrebbe portarla ad altre conclusioni.

Margot, alla fine, risulta un personaggio ben riuscito ed empatico non solo per il suo acume investigativo, ma per la sua irriverente curiosità, la sua testarda volontà di non accettare le risposte facili e preconfezionate, per la simpatia che ti porta a schierarti dalla sua parte e a giocare con lei a fare di detective.
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